Commento alle Letture

Pubblicato giorno 9 aprile 2021 - Senza categoria

XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Il pastore è una guida che ama!

È un uomo forte capace di difendere il suo  gregge contro le bestie feroci (1  Sam 17,34-37; cf Ut 10,16; At 20,29); ed è pure delicato verso le sue pecore, conoscendo il loro stato, adattandosi alla loro situazione, portandole sulle sue braccia (Is 40,11), amando teneramente l’una o l’altra «come una figlia» (2 Sam  12,3).

La sua autorità è indiscussa, fondata sulla devozione e sull’amore. Ma spesso l’autorità diventa una tentazione… Di fatto i pastori d’Israele si sono rivelati infedeli alla loro missione. Non hanno cercato Iahvè (Ger 10,21).

Ma Iahvè prenderà in mano il gregge (Ger 23,3), lo radunerà (Mic 4,6), lo condurrà e lo farà riposare in pascoli erbosi e ad acque tranquille (salmo responsoriale). Poi cercherà di provvederlo di «pastori secondo il suo cuore» finché non ci sarà che un solo pastore, un nuovo Davide con Iahvè per Dio.

La viva aspettativa degli antichi profeti ha il suo compimento in Gesù. «Eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime» (1 Pt 2,25). Il tema del gregge disperso è comune alla 1a lettura come al vangelo, nel quale si dice che Gesù «si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore».

Fra la promessa (Antico Testamento) e il suo compimento (Nuovo Testamento) vi è un parallelismo puntuale e antitetico: i capi sfruttano il popolo, mentre Gesù e i suoi discepoli si prodigano a tal punto per esso che non trovano neppure il tempo per mangiare; il popolo è disperso dai capi, mentre Gesù è il capo (pastore) che lo raduna; il popolo si costituisce in virtù di un potere regio estrinseco, mentre il nuovo popolo è convocato dalla parola di Gesù.

Il sacerdote secondo le sue possibilità conserva qualche cosa del distacco e della libertà assoluta del Signore. Egli viene reso libero per essere legato al popolo di Dio, senza preoccupazioni personali, per addossarsi il peso delle preoccupazioni della Chiesa.

Per questo la Chiesa d’Occidente ha deciso di ordinare sacerdoti soltanto coloro che, a questo fine, intendano rimanere celibi. Il senso del celibato è per una più piena disponibilità di servizio verso i fratelli. Nello stesso tempo si fa sempre più acuta la consapevolezza che il sacerdote non debba essere ricco: le cose dividono il cuore e sono fonte di divisione fra le persone.

Ma in una Chiesa che vuoi porsi a servizio del mondo, non sono solo i pastori che debbono avere una «coscienza diaconale» o di servizio, ma tutti i cristiani. Il cristiano non può vivere né per sé né a sé.