Beato Giovanni Fausti

BEATO GIOVANNI FAUSTI

Filmati:

1.  Mostra in occasione della beatificazione realizzata in parrocchia: https://www.youtube.com/watch?v=7m1L1ag9n-M

2. Filmato ringraziamento da Voce del Popolo: https://www.youtube.com/watch?v=2hNhCmhFbCw

Libri:

Disponibili in sacrestia:

scansione0012

   

  1. Giovanni Fausti
       di Suor Monica Fausti – 10,00€

 

 

scansione0002

 

 

 

 

 2. Beato Padre Giovanni Fausti S.I.:
      Un martire di frontiera nelle mani di Dio
      di M. Imperatori S.I. e G. Arledler S.I. – 4,00€

 

 

Preghiera in onore al Beato:

O Dio, che nella tua Chiesa hai suscitato il Beato Giovanni Fausti come autentico testimone del Vangelo tra i giovani, i sofferenti e i lontani, accogli la nostra supplica.
Santificalo affinchè il suo esempio ci sia di stimolo e di sostegno nell’imitazione di Cristo tuo Figlio e concedi a noi la grazia che con fiducia ti preghiamo a gloria del tuo nome. Amen.
Padre nostro, Ave Maria, Gloria al Padre…
                                                   + Vigilio Mario Olmi

 

BIOGRAFIA DEL BEATO

9 Fausti

 

Padre Giovanni Fausti,
nato a Brozzo (Brescia) il 19 Ottobre 1899 …
ucciso a Scutari (Albania) il 4 marzo 1946

Beatificato a Scutari il 5 novembre 2016

Padre Giovanni Fausti  è nato a Brozzo (BS), in Valtrompia, il 19 ottobre 1899. Entrò nel Seminario di Brescia e fu consacrato Sacerdote il 9 luglio 1922.

Nel 1924 entra nella Compagnia di Gesù. Nel 1929 viene inviato a Scutari in Albania.

 Nel 1945 è nominato vice provinciale dei Gesuiti in Albania. Nel frattempo iniziano le persecuzioni. Il 31 dicembre 1945, assieme a Padre Daniele Dajani, pure gesuita, a Gjon Shllaku, padre francescano, e altri laici e seminaristi, è arrestato dai comunisti, che avevano da poco conquistato il potere.

 Dal 31 gennaio 1946 inizierà un processo farsa che porterà, dopo un periodo di carcere con vari maltrattamenti, alla fucilazione il mattino del 4 marzo 1946 vicino al cimitero cattolico di Scutari.

 Padre Fausti si preparò alla fucilazione passando gli ultimi giorni e notti in preghiera e penitenza, coinvolgendo e animando tutto il gruppo. Davanti al plutone dirà: “Sono contento di morire compiendo il mio dovere. VIVA CRISTO RE!”

 Il 10 novembre 2002 nella Cattedrale di Scutari, il Cardinale Crescenzo Sepe, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, con tutti i Vescovi di Albania, diede inizio ufficialmente al processo di beatificazione di un gruppo di 40 persone col titolo di martiri, tra le quali P Giovanni Fausti.

 Il 5 novembre 2016 nella Cattedrale di Scutari, il Cardinale Angelo Amato, Prefetto della  Congregazione per le Cause dei Santi, lo ha proclamato Beato insieme agli altri 37 martiri Albanesi.

10 i 38 martiri

 

Beato Padre GIOVANNI FAUSTI, GESUITA
“Ci teniamo nelle mani di Dio, pronti a tutto”

Tratto dal “Profilo storico agiografico di Mons. Vinçenc Prennushi e Compagni Martiri” vol. II° di Padre Leonardo Di Pinto O.F.M.,edito da Arcidiocesi Metropolitana Scutari-Pult (Albania), settembre 2016

 Giovanni Bortolo, così fu chiamato al fonte battesimale. Figlio di Antonio e di Margherita Maria Sigolini’, che vivevano dei lavori dei campi, nacque il 19 ottobre 1899 in Val Trompia, nell’allora comune di Brozzo, divenuto in seguito frazione di Marcheno (BS). Tre giorni dopo fu battezzato nella chiesa parrocchiale di S. Michele e gli fu aggiunto il nome di Luigi2.

Della numerosa nidiata della sua famiglia, fu il primo di undici figli, tra sopravvissuti o morti in tenera età3. Sua sorella Giuseppina Teresa, la penultima, col nome di Suor Umbertina, entrò nell’Istituto delle Suore di Maria Bambina. Crebbe in un ambiente profondamente cristiano, avendo nella stessa famiglia un sacerdote, il fratello della mamma, Don Umberto Sigolini, che fu anche parroco di Travagliato (BS).

Visse una fanciullezza serena, dedito anch’egli, nel suo piccolo, a intensificare la comunione e l’affetto in famiglia. Testimonia la sorella Suor Umbertina: “… tanto era, fin dai primi anni di scuola, il suo amore allo studio che, quando doveva attendere ai fratellini, cullarli, si legava una cordicella al piede e così senza distrarsi se ne stava al suo tavolino intento sui suoi libri” 4.

Da piccolo avvertì l’aspirazione a consacrarsi a Dio per diventare sacerdote, per cui tutto nella sua fanciullezza e adolescenza mirava a questo grande ideale. Amò lo studio con la stessa intensità con cui imparò ad amare Cristo e la Chiesa. Per raggiungere questo ideale, a 11 anni, nell’ottobre del 1910, entrò nel seminario diocesano di Brescia5 dove fu ammesso a frequentare l’attuale seconda media, dopo un esame di ammissione. Lì frequentò tutte le scuole fino alla conclusione del Liceo Classico, quando fu chiamato a prestare il servizio militare in piena guerra mondiale e anche dopo, negli anni 1917-1920. Suo compagno di seminario fu anche Giovanni Battista Montini di Concesio (BS), futuro Papa Paolo VI.

Per il corso teologico il Vescovo, dietro indicazioni dei suoi formatori, lo inviò a Roma presso il Pontificio Seminario Lombardo. A Roma, arrivò ancor militare nel 19196. Nel Seminario Lombardo entrò all’inizio dell’anno scolastico del 1920 e, dal suo Rettore del Seminario di Brescia, così fu presentato: “… il giovane ha sempre manifestato segni evidentissimi di vocazione allo stato ecclesiastico, specialmente con l’amore alla pietà, alla disciplina e allo studio. Gode ottima salute ed è fornito di sufficiente ingegno”.

Nello stesso anno, 1920, conseguì il Baccellierato in Teologia presso l’Ateneo del Seminario Pontificio di S. Giovanni in Laterano. Entrando nel Seminario Lombardo, frequentò il 20 corso superiore teologico presso l’Università Gregoriana7 dove si laureò in S. Teologia. Contemporaneamente frequentò anche la Regia Università Statale a Roma dove si laureò in Filosofia8.

Il 9 luglio 1922 nella chiesa di S. Apollinare a Roma, “cum dispensatione super defectu aetatis et studiorum ac super interstitiis”9, fu consacrato sacerdote da Mons. Giuseppe Palica, Vice Gerente di Roma. In quel giorno indimenticabile gli furono accanto a Roma i genitori, lo zio Don Umberto e lo zio Silvestro10. Il giorno seguente celebrò la prima S. Messa presso le catacombe di S. Callisto e la seconda presso il santuario della Madonna a Loreto (AN). Il 16 dello stesso mese, tra la gioia dei suoi familiari, parenti, confratelli e amici, celebrò solennemente l’Eucaristia nella parrocchia di S. Michele del suo paese natio, a Brozzo. Rientrato in diocesi, per due anni fu professore di filosofia presso il Seminario della sua diocesi a Brescia11.

Da due anni appena era sacerdote diocesano quando fu colto da una folgorazione che neppure lui seppe spiegarsi, come nota nel suo Diario al giorno 01.10.1924: “… Il 5 giugno non sapevo dir di no al S. Cuore di Gesù che mi pareva che mi dicesse di far presto… in poche parole m’intesi col direttore e decisi: da quel momento ero già Gesuita di elezione; la cosa era fatta e io non sapevo spiegarmi come. Mi pareva di essere su una nuova via, spintovi dalla grazia di Dio e mi pareva di sentire una voce insistente: è finita, non posso più tirarmi indietro! Ho detto di si, deve essere di Sì!… 12“.

Condividendo la scelta con il suo direttore spirituale, chiese il permesso al suo Vescovo che, “rassegnato più che contento“, gli concesse di far parte della Compagnia di Gesù. Il 13 novembre 1924, con il rito della vestizione, fu ammesso tra i novizi scolastici presso la casa di noviziato “S. Maria della Divina Grazia” a Gorizia.
Così egli scrive nel suo Diario: “13 novembre 1924 – Giorno della vestizione. Ecce nos reliquimus omnia et secuti sumus te quid ergo erit nobis? Oltre la materiale spoliazione di tutte le cose mie, voglio spogliarmi anche dell’affetto naturale che sento verso le persone: da oggi non sono che di Gesù, e i miei affetti saranno soltanto spirituali, non per questo meno forti, anzi di più, sicuro che in paradiso amerò di più ancora che su questa terra. Verso di me stesso comincerò pure la lotta del disfacimento del mio io carnale, per vivere solo di Gesù in umiltà sincera e perfetta carità. Questo è il cento per uno che domando a Gesù, alla Mater Divinae Gratiae, a S. Stanislao”13.

Terminato il noviziato con la professione dei primi voti il 31 ottobre 192614, fu mandato a Chieri (TO) nello scolastico della Provincia Torinese, dove si fermò due anni, 1926-1928, per approfondire la filosofia e la teologia. Passò poi in Albania, come missionario, e propriamente a Scutari, dove si fermò dal 1928 al 1931 per insegnare S. Scrittura e Teologia presso il Seminario Pontificio Albanese.

“Carico di lavoro e sprezzante della propria salute, lo colse un attacco di tisi al polmone destro. Ritornò in Italia per rimettersi in salute, e per quattro anni dovette sottoporsi alle più serie cure della tubercolosi”15.  Per questo motivo fu prima a Mantova nello scolastico filosofico, dove insegnò cosmologia nell’anno scolastico 1932-1933. Dall’autunno del 1933 fu di comunità prima a Trento, presso la Casa di esercizi spirituali, però, per curare la salute, risedette a Bressanone nella Casa del Clero di Sarnes. Dall’autunno 1934, fu in Svizzera a Davos Platz, presso la Pensione Strela. Lì subì un delicato intervento per l’atrofizzazione del polmone malato. Di seguito passò a Bassano del Grappa (VC), presso Villa S. Giuseppe, fino all’autunno del 1936. Dall’autunno del 1936 fino all’estate del 1942 fu presso la Pontificia Facoltà Aloisianum di Gallarate (VA) come docente di materie filosofiche. Il 2 febbraio 1937 conseguì il “gradus” ed emise la professione degli ultimi voti tra i Gesuiti16.

7

Fausti fu autentico uomo di fede. Fin da fanciullo e per tutta la vita nutrì nel suo animo una profonda devozione al S. Cuore di Gesù, maturata, come ricorda la sorella, “attraverso la pratica dell’ora santa che egli soleva fare di frequente”17. P. Anton Luli S.I., a distanza di oltre sessant’anni, il 16 luglio 1993, ha ricordato come, nell’estate del 1929, aveva allora 19 anni, in vacanza a Shkreli con i seminaristi, vedeva, ammirato, che P. Fausti “in chiesa restava in ginocchio, per terra, sempre diritto, e per un tempo prolungato, pregando in raccoglimento”18.

Anche P. Gjergj Vata S.I., che lo ebbe come docente e formatore, non ha esitato a dire (20.06.1993): “… Comunemente ritenuto un santo e un ottimo e genuino gesuita. Anche come Superiore è stato sempre edificantissimo. Ti dava coraggio con la parola e con l’esempio; amatissimo dai giovani, che lo stimavano moltissimo e avevano per lui una grande venerazione”19.

Come era stato da sacerdote diocesano, entrato nella Compagnia di Gesù, si manifestò vero uomo abbandonato al progetto di Dio, filtrato attraverso il discernimento dei suoi Superiori. Le stesse difficoltà del momento, e non furono poche quelle che dovette affrontare riguardo la salute, la situazione trovata a Scutari e a Tirana, la stessa persecuzione e condanna a morte, furono viste e vissute da lui come cammino ordinario di fede da percorrere fino infondo.

Dai suoi diari giovanili, oltre che dalla sua corrispondenza, traspare il suo profondo anelito alla santità. In essi si riscontra come cogliesse ogni occasione, quali gli esercizi e i ritiri spirituali, i tempi liturgici forti, le feste e gli avvenimenti particolari, come la preparazione a ricevere i sacri ministeri, per accogliere e interiorizzare la Parola di Dio, oggetto di una perseverante meditazione, per farne una vera e propria forma vitae.

In essi sono contenuti i suoi fermi e decisi propositi per una fedeltà incondizionata a Dio nello spirito del carisma gesuitico. Il 30 dicembre 1920, aveva solo 21 anni, così annota nel suo diario: “Se poi un giorno vorrai fare di me un apostolo, un dotto, un martire oscuro del tuo amore, tutto accetto, o Gesù, e specialmente ciò che può farmi assomigliare di più a te, che fosti così umiliato e tanto soffristi nella tua vita mortale. Ora voglio attendere a rendermi forte e pronto a far ciò che tu vorrai da me, o Gesù”20.

Offrendo le proprie preghiere per sostenere il Vicario Generale della Compagnia di Gesù, che improvvisamente si era trovato a sostituire il deceduto Preposito Generale, scrive: “per le gravissime difficoltà che ora tutto il mondo, e noi più degli altri, stiamo attraversando: cascherebbero le braccia, se non si sapesse che, al di sopra della piccola sapienza umana, c’è la grande Sapienza e Provvidenza che governa il mondo per il bene degli eletti … Il futuro è nelle mani di Dio”21.

Sentendo forte la passione per lo studio, come autentico culto da rendere a Dio, pur optando per questo tipo di lavoro, si sottopose alla volontà di chi doveva decidere di lui. Scrivendo il 23 marzo 1945 al Vicario Generale della Compagnia di Gesù, tra l’altro dice: “Se l’obbedienza esige da me per tutta la vita questo contrasto fra aspirazioni intime [lo studio] ed esigenze esterne, come religioso mi sottometto senza discutere; ma se i Superiori vorranno riesaminare il problema nel migliore impiego delle mie energie per il bene della Chiesa e della Compagnia, ne sarò loro grato. Da molti anni recito ogni mattina, dopo la Messa, il «Veni Sancte Spiritus», perché lo Spirito Santo illumini i miei Superiori, ai quali ho consegnato la mia libertà, sul migliore impiego che essi possano fare di me. Detto questo, mi dichiaro contento di ogni futura decisione e destinazione e attenderò tranquillamente qui a Tirana le decisioni dei Superiori su ciò che debbo fare”22.

Il suo confratello, P. Luciano Fozzer, che visse con lui a Scutari, oltre che essere stato suo alunno a Gallarate negli anni 1936-1938, così lo ha descritto (26.03.2003): “Sapeva dominarsi nei momenti di nervosismo…, perché anche lui aveva la «brescianina», cioè, come in genere i bresciani, poteva velocemente anche «scaldarsi», come a volte l’ho visto fare. Come professore era profondo e chiaro; era giusto nella valutazione degli studenti agli esami. Moralmente era un uomo retto, sapeva sacrificarsi. Era dotato di una forte fede, speranza e carità. Era un uomo generoso, disponibile, prudente, nostalgico dell’Albania, dove aveva vissuto qualche anno prima come insegnante di filosofia e teologia… Lui stesso scriveva a macchina tutte le dispense per gli alunni per facilitare loro lo studio, anche se aveva molto lavoro … Raccomandava spesso di pregare per l’Oriente lslamico”.

Ha detto di lui Gjovalin Xhanxhafili che lo conobbe quando egli era giovanissimo (30.03.2004): “Aveva una mente limpida e un animo puro. Era fermo nei principi e uomo maturo. Con i ragazzi della scuola era attivo e li accompagnava spesso anche nelle gite”. Ignazio Zamputti lo ricorda così (16.08.1993): Era “di altissima cultura, di correttezza ineccepibile, un gran signore nel tratto… la sua parola era sempre misurata… “. P. Giacomo Gardin, suo confratello e martire mancato, lo ha ricordato così (09.06.1993): “Sapeva scherzare, ridere e insieme dire delle cose belle; era di solida pietà, senza esagerazioni esterne, abitualmente cordiale e disponibile; non ho mai avvertito in lui un accenno a voler mettere in evidenza la sua persona” .

Rimessosi in salute, fu inviato di nuovo, e definitivamente, in Albania dove, dal 31 luglio 1942 coprì l’ufficio di Rettore del Pontificio Seminario Albanese e del Collegio Saveriano di Scutari. Vi si immerse con tutta la passione, che gli era propria, di studioso e di educatore. E di questa responsabilità ne era pienamente cosciente, tant’è che, quando agli inizi del 1945 gli verrà proposto un nuovo Rettorato in Italia, non esiterà a far presente quanto sente nel profondo del suo cuore e della sua mente: “Non mi disse il Provinciale dove sarei stato Rettore: se si fosse trattato di una casa di studio, avrei fatto presente che il Rettore di una casa di studio non può studiare, perché la gioventù vuole che il Rettore sia a sua disposizione, e non può essere altrimenti…23.

A Scutari non trovò una buona situazione, né tanto meno poté lasciarla migliore a motivo del poco tempo che ebbe a disposizione24 e della situazione che si era venuta a creare con la caduta del fascismo. Gli eventi politici precipitarono e si dovette ricorrere a tutti i rimedi possibili.

Neppure una decina d’anni prima, nella terza settimana degli esercizi spirituali del 1936, che fece a Bassano del Grappa, riflettendo su quanto aveva meditato annota: “Gesù viene poi alle prese colla politica: altra terribile ed eterna questione, che rende tanto difficile il nostro lavoro apostolico, e questo non solo nelle terre infedeli, ma anche nelle stesse nazioni cattoliche; quanto bisogna pregare affinché il buon Dio guidi le sorti di questa cieca politica che non vuol vedere altro che la miserabile terra e non sa mai alzare gli occhi al cielo! Gesù previde anche questo, e un vero cattolico non può fare a meno di vedere anche le questioni politiche e nazionali sub specie aeternitatis e pregare il Signore che attraverso le agitazioni e le traversie della storia umana prepari l’avvento del suo regno. In questi momenti, in cui tanti interessi religiosi sono in giuoco assieme alla politica, bisogna pregare il Signore che si degni di guidar Lui ai suoi santissimi fini lo svolgersi degli avvenimenti. È certo con pena immensa che si deve constatare come quasi tutte le nazioni seguano oggi una politica anticristiana o antireligiosa: fino a quando, o Signore permetterai tanto male? Gesù ha voluto soffrire in sé quelle ingiustizie che poi si sarebbero perpetuate nei secoli contro la sua Chiesa. Egli ha vinto i suoi nemici di allora e vincerà anche quelli che verranno in tutti i tempi; ciò non toglie che noi dobbiamo soffrire quelle ingiustizie come se fossero fatte personalmente a noi, dato che toccano le vive carni del corpo mistico di Gesù al quale noi pure partecipiamo”25.

Allora stava in Italia e seguiva più da vicino la situazione italiana, ma, quando ci fu l’armistizio dell’8 settembre 1943, il fascismo andò a rotoli in Italia e… in tutto il Regio Impero, di cui faceva parte anche l’Albania dove, anche se non da parte di tutti, cominciò “la caccia all’italiano” soprattutto da parte dei partigiani albanesi di diversa ispirazione e degli stessi tedeschi, che si erano sentiti traditi dagli alleati italiani, che avevano firmato l’armistizio con gli anglo-americani.

Chi, soprattutto in campo cattolico, non si era compromesso con gli italiani? Da tenere presente che, indipendentemente dall’occupazione, l’Italia dal 1918, con la sconfitta dell’Impero Austro-Ungarico, era subentrato a questo nel sovvenzionare l’attività cattolica in Albania26. Questa dipendenza economica dall’Italia, volutamente fu vista e propagandata in Albania come preparazione alla stessa occupazione, avvenuta il venerdì santo del 1939.

Nel frattempo gli italiani, che operavano in ambito ecclesiale o puramente civile, durante l’occupazione avvertirono maggiormente la protezione e il sostegno di un governo, benché occupatore, di ispirazione cattolica, anche se, come avrà a dire il Delegato Apostolico, se ne avvantaggiarono, e di parecchio, anche le altre espressioni di fede, allo scopo della captatio benevolentiae governativa.
Purtroppo la maggior parte del personale dirigente della presenza e attività dei Gesuiti, a Scutari e a Tirana, era costituita da religiosi che avevano nelle vene il sangue italiano del tempo. Certamente ferventi cattolici e missionari e altrettanto italiani. Tutto questo, anche se in modo esasperato, fa notare il gesuita albanese P. Gjon Karma nella lunga lettera del 31 dicembre 1945, in cui mette in luce soprattutto gli aspetti negativi dell’operato non gestito da Gesuiti albanesi, benché in minoranza27.

Cessata l’occupazione italiana, questa non lasciò altra eredità all’ Albania che le rappresaglie, di cui i tedeschi erano abbastanza esperti, come avevano dimostrato un po’ dovunque. La sorte degli italiani in Albania peggiorò, in quanto caddero vittime dei tedeschi che, nello stesso tempo, davano la caccia ai traditori italiani e ai partigiani comunisti, che li contrastavano e li combattevano a tradimento.

16

Per disposizioni superiori, P. Fausti, temendo di far correre brutti rischi al Seminario e di essere internato dai tedeschi, lasciò il suo incarico di Rettore il 20 ottobre 1943 nelle mani del Gesuita albanese P. Gjon Karma, e si ritirò a Tirana28. Qui, dove pensava di ritornare al suo amore preferito, lo studio, si trovò immerso in molteplici attività di soccorso ai bisognosi di ogni sorta. La situazione era quanto mai triste. Da una parte c’era una massa di italiani allo sbando, senza tetto e senza pane, preoccupati delle amare sorprese o rappresaglie, che le SS potevano preparare e attuavano; altri erano prigionieri in condizioni fisiche e morali pietose, o degenti in ospedale, o detenuti in carcere. Tutti erano bisognosi di consiglio, di conforto e, soprattutto, di pane.

Dall’altra parte c’erano gli albanesi che, conoscendolo o non conoscendolo come uomo illuminato per consiglio e pronto a ogni intervento benefico, ricorrevano a lui che conosceva bene l’albanese per comprenderli e conosceva bene il tedesco per intervenire in loro favore, trovando fra i suoi estimatori possibili mezzi per aiutarli. Fu per lui un’esperienza quanto mai forte e carica di carità, che seppe investire instancabilmente per tutti.

A questo punto va collocato il doloroso episodio che gli occorse stando a Tirana. A raccontarlo è Gjovalin Xhanxhafili: “Nel novembre 1944 i soldati tedeschi fecero un’incursione nella chiesa dei gesuiti a Tirana in cerca di comunisti. Entrando trovarono P. Fausti e gli chiesero: «Ci sono dei partigiani qui?». Egli rispose in tedesco che non ce n’erano.
Insistettero per controllare ed entrarono in chiesa. Un altro soldato tedesco disse al compagno: «Questo
è un prete cattolico, dice la verità». Nel frattempo videro uscire un soldato italiano, che si era nascosto lì e, mentre questi tentava di fuggire, lo spararono e lo uccisero. P. Giovanni Fausti, che si era fatto avanti per impedire la sparatoria, fu a sua volta ferito e ricoverato nell’ospedale dei partigiani a Tirano”, “Si prese una pallottola che gli sfiorò l’unico polmone rimastogli atto alla respirazione e ruppe la clavicola” 29.

Il Delegato Apostolico Mons. Leone G. B. Nigris, nelle sue memorie riguardanti il 1944, tra il 16-30 novembre, riporta la situazione caotica che si era venuta a creare nel momento della fuga dei tedeschi e l’avanzata al potere del regime comunista con riferimento a P. Fausti. Tra l’altro scrive: “Le notizie da Tirana sono buone: tranquillità senza disordini. Ma quale scempio fecero i tedeschi negli ultimi giorni! Sembravano belve. Davano la caccia alle persone nelle case, risparmiando alcune solo a costo di manate d’oro. Uccisero parecchie persone entro la chiesa dei Gesuiti e ferirono il P. Giovanni Fausti, che cercava di impedire quel massacro, dicendo che si trattava di innocenti”30.

Certamente l’accaduto non poteva suscitare in P. Fausti alcun entusiasmo, contrario come era, benché italiano, all’occupazione fascista, come avrà modo di dichiarare anche sotto processo.
Finalmente i tedeschi lasciarono Tirana il 16 novembre 194431

Terminata la tempesta tedesca, si trovò a vivere nella grande tragedia messa in atto dall’avvento del regime comunista, che non lasciava affatto sperare bene e metteva in forse tutta la vita e l’attività della Chiesa e, in primis, dei responsabili: vescovi, presbiteri, religiosi e laici impegnati. A quattro mesi dall’avvento, il regime aveva già ammazzato due sacerdoti, i Beati Don Lazér Shantoja (+05.03.1945) e Don Ndre Zadeja (+ 25.03.1945).

“Il rancore verso il clero e i cattolici, in generale, era troppo radicato presso i comunisti ed è chiaro che le radici storiche di questo atteggiamento di odio non sono da ricercare nelle divisioni religiose in Albania, ma molto lontane da esse. Erano piuttosto le nuove amicizie internazionali e gli interessi da questi soggetti coltivati a richiedere di ripulire l’élite patriottica albanese. Era la dittatura comunista, in fase di costituzione, a lasciar intravedere nei chierici cattolici dei nemici in assoluto…. 32.

Fu avviata così una vera e propria persecuzione radicale e a tappeto. Così relazionava il P. Fausti il 12 febbraio 1945, a tre mesi dall’avvento del regime comunista: “Essendosi determinata in questi ultimi tempi una difficile situazione per i cattolici in Albania, riteniamo nostro dovere informarne … in modo particolare la Santa Sede, affinché faccia i passi che riterrà più efficaci per venire in loro aiuto … la situazione dì qui è talmente delicata che ci obbliga a sottolineare il carattere affatto riservato delle notizie che diamo, nell’interesse dei cattolici di qui, di chi scrive e di chi gentilmente si presta a far pervenire a destinazione la presente” 33.

Questa realtà era stata toccata con le mani fin dai primissimi giorni del regime comunista; infatti, il Seminario e il Collegio Saveriano furono ripetutamente perquisiti con la scusa di cercare e trovare i tedeschi”. P. Fausti da Tirana, dove si trovava, dà una sconcertante descrizione: “Anche ai Padri francescani di Scutari furono fatti vari controlli esosi; ma in modo particolare furono presi di mira i Padri Gesuiti di Scutari. Ben diciotto volte essi dovettero subire di tali visite in questi tre mesi non ancora compiuti del nuovo regime. Anche da loro, come dalle Servite e dai Francescani, si scoperchiarono perfino i Sepolcri della Chiesa. I chierici del Seminario Pontificio furono poi sottoposti a minuta e poco decente perquisizione personale e poi, insieme coi padri, riuniti nel refettorio, con una mitragliatrice piazzata dinanzi a loro; entrarono poi dei partigiani minacciando con bastoni; anche sui Padri venne fatta la perquisizione personale. Intanto parecchi oggetti, orologi, penne stilografiche e altre cose utili furono portate via dai visitatori, compresa una buona macchina da scrivere”35.

Ancora da Tirana riesce a far giungere a Roma una lettera, scritta in latino, al Vicario Generale dei Gesuiti, “per probum virum catholicum gallicum”, dicendo tra l’altro: “Ausilio omnium indigemus, auxilium omnium poscimus”. Con questa lettera accompagna una relazione ampia e particolareggiata sulla situazione venutasi a creare in Albania a circa tre mesi dall’ avvento del regime comunista, passato sotto il nome di “potere del popolo”, che ha a capo del governo Enver Hoxha36

Tra l’altro scrive: “Il governo che si è formato qui dopo la ritirata dei Tedeschi, che lasciarono Tirana il 16 novembre u.s., vuol essere governo democratico, e così si chiama a parole. Di fatto nacque una coalizione fra il partito comunista albanese, alle dipendenze di quello jugoslavo di Tito, e alcuni partiti nazionalisti che volevano la liberazione dall’occupazione italiana dapprima e poi tedesca … Si vide fin dal principio che l’entusiasmo del nuovo governo era tutto per i russi … ; la stella rossa continua a brillare dappertutto, sulle uniformi dei soldati, sugli edifici pubblici, sulle macchine in circolazione… In tali condizioni non si può parlare di democrazia e di libertà del popolo … Una parola che si legge un po’ dappertutto sulle cantonate delle vie, sui giornali, e che si ripeté in moltissime riunioni, è «vendetta» contro i nemici dell’attuale movimento. Il fatto dimostra che in questa vendetta sono inclusi non solo i veri criminali … ma anche una immensa folla di persone che sono in carcere solo per aver cooperato ai regimi passati o per aver espresso le loro simpatie in passato per il partito che allora dominava. Fra questi ci sono moltissimi dei notabili cattolici di Scutari e di Tirana, per cui nel ceto cattolico domina lo sbigottimento per il presente e il timore per l’avvenire. L’accusa principale che si fa ai cattolici, e che li rende invisi al governo, è che essi non hanno preso parte, se non in piccola misura, al movimento di liberazione dell’Albania: invano essi rispondono che essi non potevano cooperare con i comunisti. Intanto a Tirana, dove erano convenuti molti cattolici nei pubblici impieghi, c’è una folla di ex-impiegati licenziati su due piedi, dopo lunghi anni di servizio alle dipendenze dello Stato e buttati completamente sul lastrico, senza risorse, mentre comincia a farsi sentire in modo preoccupante la mancanza di viveri … Verso la religione si cercò nelle prime manifestazioni ufficiali di mostrare rispetto, promettendo libertà di culto, di stampa, di associazione. Si sapeva però d’altra fonte che le intenzioni dei principali capi a tale riguardo erano tutt’altro che rassicuranti”.

Con maggiore sofferenza evidenzia: Dei Gesuiti si dice che lavorano contro il bene del popolo e devono essere cacciati. Fortunatamente la massa del popolo vuole loro bene e questo serve di scudo. L’avvenire è nelle mani di Dio. Noi siamo pronti a tutto e cercheremo in ogni evenienza di compiere il nostro dovere per la gloria di Dio e per il bene delle anime ...
E aggiunge: “Non vorrei trattare di tali questioni; ma l’urgente necessità di tanta povera gente senza risorse mi obbliga a fare uno strappo alle nostre norme di trattare dello spirito e non della materia: siamo a un punto in cui lo spirito senza materia non si tiene più”37.

In un momento di tregua scrive ancora al Vicario Generale S.I..: “Ora parlerò di me con filiale semplicità. La mia aspirazione non è per la vita attiva, ma per lo studio e lo scrivere in materia filosofica … La mia intenzione era ed è di mettere i Superiori in grado di giudicare, alla prova dei fatti, se era meglio lasciarmi agli studi o distrarmi in cose esterne di governo. lo ringrazio la Provvidenza che, rendendo necessaria la mia rinuncia al Rettorato di Scutari, mi restituì alla vita di tavolino e di studio. Certamente non potei rimanere isolato qui a Tirana, mentre tanti bisogni premono da ogni parte; ma potei studiare parecchio, secondo le mie aspirazioni”38.

Dichiarata la sua incondizionata disponibilità a Dio, era stato preso in parola, e il 14 aprile 1945, essendo interrotte anche le comunicazioni ordinarie con l’Italia, dal Vicario Generale gli giunge la nomina di Vice Provinciale dell’ Albania con queste parole che, a ritenerle profetiche, è quanto mai giusto: “Il primo è di domandare a V. R. un sacrificio non indifferente, ma che sarà molto accetto a Dio e porterà un grande sollievo ai presenti mali”?’. Il suo abbandono a Dio è così dichiarato: “Ho ricevuto ieri sera la sua venerata lettera del 14 aprile u. s. con la quale mi nomina ad tempus Vice Provinciale dell’Albania. Nelle presenti circostanze non è permesso discutere su tali ordini e io accetto senz’altro il nuovo incarico che mi viene affidato dalla Santa Obbedienza, confidando nella bontà e misericordia di Dio e insieme nella benevolenza dei Superiori, che sempre hanno compatito alle mie manchevolezze e mi hanno sorretto con la loro paterna fiducia” 40.

Sembra già trovarsi in stato di disponibile e volontaria vittima sacrificale. Sette giorni dopo, l’8 maggio, già è a Scutari “con l’ufficio che a Vostra Paternità è piaciuto addossarmi”41. Il suo confratello P. Luigi Rosa annota: Ai primi di maggio è giunto da Tirana a Scutari come Vice Provinciale dei Gesuiti il R. P. Giovanni Fausti. La sua venuta ha rinfrancato non solo i Gesuiti, ma in genere il Clero scutarino e i Cattolici nella continua «guerra dei nervi». I Vescovi varie volte si consultano con lui. In lui tutti ammirano una grande fede, una calma imperturbabile, un sereno ottimismo, una grande prudenza”42.

Anche il suo confratello albanese P. Michele Troshani, pur non condividendo la nomina, benché ad tempus, di un Superiore Maggiore straniero, non esita a dire: “Il R. P. Fausti, come persona è stimatissimo ed abile a molte cose … Ha in programma molte belle cose, e anche in seguito potrà sempre aiutare almeno con la sua assistenza e consiglio. Le sue proposte potranno essere eseguite in seguito a maturo esame, come si suole, anche dai Superiori maggiori in ltalia”43.

Fausti avvia la sua attività con amore e discrezione e subito può scrivere al suo Vicario Generale, P. Norberto de Boynes S.I..: “Ho avuto il tempo di sentire con tutto agio i nostri di casa e gli alunni della Scuola Apostolica e del Seminario a uno a uno: l’impressione generale che ne ho riportato è che, avendo finalmente potuto sfogarsi un po’, sia i nostri che gli alunni si siano messi discretamente in pace ... “. Tenendo presente che i tempi vanno facendosi molto difficili, aggiunge: ” Specificare di più per ora non mi pare necessario, data la difficoltà di far pervenire le nostre relazioni e data l’impossibilità di provvedere a tutto per ora. Ci mettiamo nelle mani della Provvidenza e attendiamo da Questa le sorti dell’avvenire che, umanamente parlando, non sono liete per le nostre opere qui”44.

Pochi giorni dopo ritornerà sull’argomento, in cui senza mai estinguere il suo amore per lo studio, per il resto è costretto a dire: Per ora tutto è sospeso nell’incertezza del domani e dobbiamo stare con l’animo teso attendendo ciò che dispone la Divina Provvidenza per noi”. E aggiunge: Mi raccomando alle preghiere di Vostra Paternità per questo gregge che ha voluto affidare alle mie povere cure, e al quale dedicherò, finché così parrà ai Superiori, tutte le mie energie per promuovere il bene spirituale e materiale, secondo le possibilità dei tempi che corrono”45. E fu di parola fino alla fine!

Pubblicista, fu autore di molti studi scientifici, tra i quali spiccano: “L’islamismo nella luce del pensiero cristiano” (Roma 1943) e “Teoria dell’astrazione” (Padova 1947)46. Studioso dell’Islam, nel 1937, stando a Gallarate, aveva fondato la “lega AM.ORIS” (Amici Oriente Islamico). In merito, dando una propria lettura del crudele processo subito da P. Fausti, il 20.06.1993, l’albanese P. Gjergj Vata S.l. ha detto: “P. Fausti non è stato un politico e questo era risaputo anche dai giovani di diversa fede religiosa, che frequentavano il nostro collegio. Invece P. Fausti ebbe una «colpa»: quella di amare molto i musulmani. Esaltava i filosofi e i mistici musulmani, conosceva a fondo l’Islam, lo interpretava con competenza. Tutte cose che suscitavano attenzione, ma attiravano anche gelosia nel mondo musulmano d’Albania a tal punto da fare pensare a qualcuno ad una pista islamica tra gli accusatori al suo processo” .

Fu persona di grande cultura e di squisita spiritualità. A riguardo, parlando del Beato Don Jak Bushati, Mrik Coli ha detto (11.10.2005): “Per inciso, voglio ricordare che in uno di quegli anni in cui sono stata dalle suore, avemmo un corso di esercizi spirituali, tenuti dal Beato P. Giovanni Fausti, che era un santo, in quanto con le sue meditazioni altamente spirituali ci toccava il cuore”. “Uomo di alta intelligenza, coltivava di preferenza con successo gli studi filosofici; Sacerdote integerrimo e cosciente della sua missione, generosamente si prodigava nelle opere di ministero; Religioso esemplare, godeva piena fiducia dei Superiori e dei confratelli; carattere amabile, servizievole, di tatto fine, si accaparrava subito l’animo di quanti lo avvicinavano, per cui godeva vaste simpatie in Italia e in Albania”47.

Così si esprime, scrivendo al suo Vicario Generale: “Da tempo, cioè da anni, sto lavorando per una pubblicazione sulla teoria della conoscenza e in questi giorni vi ho dato l’ultima mano. Quantunque le circostanze non mi abbiano permesso di fare tutto ciò che avrei voluto, posso dire che non è una improvvisazione e posso sperare, per quanto permesso giudicare in causa propria, di portare un contributo alla chiarificazione di questioni spinose della massima attualità nel nostro ambiente studioso. Ora finisco la trascrizione a macchina e poi affiderò il lavoro alla Provvidenza di Dio perché arrivi là dove possa fare un po’ di bene”48.

L’uragano comunista, che doveva sconvolgere tutto e tutti, soprattutto i cattolici e gli intellettuali, sacerdoti e laici, ormai si era riversato sull’Albania il 29 novembre 1944 e subito cominciò a mietere vittime a non finire con una violenza ostinata e cieca.

8 Padre Giovanni Fausti

Giunto al potere, impostosi con la forza e con il terrore, il suo leader, Enver Hoxha, e i suoi gregari furono colti dal complesso di essere i migliori e ciò impediva loro la comprensione e la pietà. Avendo il potere nelle mani si autocredettero, e come tali si imposero, di essere i migliori dal punto di vista culturale, etico, politico, storiografico, economico, e quindi chi meglio e più di loro poteva esercitare l’autorità anche sulla vita e sulla morte?

Ma furono migliori soprattutto nell’essere chiusi e ottusi, rasentando la cecità di ambo gli occhi nell’operare il male e nel distruggere uomini e cose. E questo loro atteggiamento li rese intolleranti rispetto non solo a chi aveva fede, ma anche a chi non l’aveva o l’aveva persa. Questa del resto è la matrice della carneficina da loro compiuta e della distruzione psicologica ed economica dell’intero popolo albanese, che ha fatto e fa fatica a riprendersi dall’interminabile shock violentemente subito. Conseguenzialmente, da un simile vertice ogni nefandezza era giustificabile e legale. La cultura degli altri, specialmente quella dei cattolici, annebbiava la vista del regime, atterrandolo.

Va tenuto presente che in Albania “la componente cattolica ha sempre favorito la cultura e l’amore per la patria. Questa componente, anche se sempre oppressa e discriminata, si è sviluppata nel paese in ogni direzione… Appena i comunisti sono andati al potere, gli attacchi più gravi sono stati rivolti contro i cattolici e gli ortodossi”49. In merito ha scritto P. Giuseppe Valentini S.I..: “Per il fatto di essere culturalmente ed intellettualmente elevato, il clero albanese si è sempre attirato la gelosia di molti. Il regime comunista si è trovato di fronte un elemento la cui filosofia era completamente aliena dalla sua concezione materialista e dalla sua stessa alleanza con il mondo orientale, prima slavo e ultimamente cinese. Inoltre, secondo il metodo di lotta e di conquista del potere, insegnato dai maestri russi, il regime come primo passo doveva eliminare chiunque tendesse, anche solo idealmente e non attivamente, a costituire una forza di resistenza alla loro filosofia. Nel clero e nel laicato cattolico il regime vedeva due categorie di oppositori: una che fattivamente tentava di avversare l’affermazione del potere comunista, e l’altra che se ne rimaneva ai margini o comunque estranea”50.

Era poco più di un mese che P. Fausti si trovava a Scutari in veste di Vice Provinciale e già lo colse un grande dolore che gli trafisse l’anima: l’arresto di due suoi confratelli gesuiti, P. Giacomo Gardin, italiano, e P. Gjergj Vata, albanese, che avvenne la sera di S. Luigi Gonzaga, il 21 giugno 194551• In merito così scrisse P. Fausti al Vicario Generale: “A dire il vero le cose qui non camminano troppo bene per noi … Non so che cosa si potrà fare in favore dei nostri due prigionieri [P. Giacomo Gardin e P. Gjergj Vata], se non pregare e attendere tempi migliori, che persone autorevoli ci fanno prevedere nel futuro sviluppo della situazione politica. Comunque sia, ci teniamo nelle mani di Dio, pronti a tutto”52.

Tanto corrisponde a quanto aveva detto a P. Gardin, che in classe aveva contestato un attivista mandato dal partito: “Doveva essere più prudente! Ma lei è solo il primo; non tarderà a venire anche la nostra ora. Siamo nelle mani di Dio”53È di quel tempo la testimonianza che giunse a P. Caldiroli: “Circa quattro mesi prima che fosse incarcerato, ebbi occasione di parlare con P. Fausti: parlammo di ciò che stava accadendo di P. Gardin e di P. Vata, che erano stati incarcerati, ecc. Mi ricordo queste testuali parole a proposito del modo di procedere dei comunisti: «Certo questo è un sistema singolare di governo, sempre incredibile finché non lo si prova”54.

Terminati gli esami, nei primi di luglio del 1945, “data la penuria dei mezzi di sostentamento, i Superiori sono costretti a mandare i Seminaristi alle loro case per le vacanze. Prima della loro partenza, il P. Fausti rivolge loro parecchie raccomandazioni. Tra l’altro li esorta fortemente a tenersi lontani dalla politica, ad essere prudenti nel parlare … Dice che dal loro comportamento in questa materia può dipendere il futuro del Seminario e della loro stessa vocazione. Lo stesso più volte raccomandano gli altri Superiori. Queste, raccomandazioni, mentre saranno dimenticate da alcuni Chierici, nel corso del processo del P. Fausti verranno deformate e interpretate malignamente dai giudici”55.

“Verso la fine del mese [di ottobre] giunge notizia da Tirana che vari missionari italiani del sud sono stati fatti rimpatriare e che è in preparazione qualcosa di simile anche per i Gesuiti. È più difficile rimuovere costoro, scrive P. Luigi Rosa, poiché sono in Albania ormai da un secolo: e, mentre degli altri si può dire che sono venuti al seguito delle truppe fasciste, dei Gesuiti non si può inventare nulla di simile. Ad ogni modo si vuole provare: un giorno vengono chiamati d’urgenza al comando della Mbrojtja e Popullit (=GPU [Difesa del popolo]) i PP. Fausti e Poli e i Fratelli Coadiutori Panizzari (80 anni) e Sangiorgio. P. Fausti capisce che ci si vuole liberare subito di lui; spedendolo in Italia quanto prima, e tarda a presentarsi. Gli altri, che sono evidentemente stati scelti per coprire la mossa, si presentano. Si comunica loro che devono prepararsi a partire per l’Italia. Si ordina nuovamente anche a P. Fausti di presentarsi. Egli si presenta e ricevuta l’intimazione, risponde: «O si faccia un decreto ufficiale, oppure io rimango, perché, come Superiore, ho il dovere di non allontanarmi dai miei». «Tutti gli italiani devono partire», gli si soggiunge. «Bene! lo allora, come Superiore, partirò per ultimo». Di espulsione per qualche tempo non si parla più”56.

Per ora ci sono alcune scadenze di assoluta importanza per il regime: le elezioni ufficiali del 2 dicembre. “Le elezioni sono libere, sottolineano più volte i propagandisti, ma il Fronte deve trionfare e trionferà!”57.

Intanto è nell’aria quanto da tempo si spera e si aspetta: una riscossa generale. Se ne parla da tempo e da più parti: “Una riscossa generale, appoggiata da cetnici jugoslavi58, che chiuderebbero le frontiere del nord e dell’est, dei greci che agirebbero dal sud, degli anglo-americani, che sbarcherebbero in vari punti … L’azione comincerebbe intorno al 28 novembre … Inutile dire che i Nostri [Padri Gesuiti] sperano che ci sia qualcosa di vero: come lo spera la maggior parte degli Albanesi … Il 28 novembre nessuno degli alunni esce di casa. Si viene a sapere intanto che il giorno precedente sono stati distribuiti nella città (perfino nelle caserme) dei volantini”59.

I volantini sono firmati da “Organizata Bashkimi Shqiptar” [Organizzazione Unione Albanese]60. In sintesi il contenuto dei volantini ciclostilati è il seguente: fa appello al patriottismo ricordando alcuni patrioti, tra i quali Don Ndre Zadeja, che già era stato fucilato; non dare il voto al regime, o almeno di astenersi; ricorda le promesse della Carta Atlantica e del proclama di Berat61 e mostra come il regime attuale abbia già ingannato gli albanesi; assicura, infine, che molti patrioti vegliano per la salvezza dell’Albania62.

Luigi Rosa al 28 novembre registra: “Un certo ottimismo si diffonde nella popolazione, ma dura molto poco. Infatti presto si viene a sapere che sono stati arrestati alcuni giovani 15/18enni63, nell’atto che distribuivano volantini per la città”. E aggiunge, come Nota Bene!: “La legge elettorale assicurava la piena libertà nelle elezioni; parlava di libertà di stampa prima di esse; assicurava che non sarebbe stato lecito arrestare nessuno per motivi politici da 15 giorni prima a 15 giorni dopo il giorno delle elezioni”64.

Il passaggio da un leggero ottimismo, alla sorpresa per l’arresto dei giovani, contrariamente a quanto previsto, e al disagio, è quanto mai breve, ed è solo il preludio della tragedia che sta maturando. P. Luigi Rosa, post facta, fa da cronista e mette in risalto la situazione. Nei suoi Appunti, che fanno seguito ai giorni che vanno dal 29 novembre allo dicembre, scrive: “Da alcune informazioni di fonte sicura si viene a conoscere che i giovani arrestati sono stati sottoposti a tortura, si è anzi mostrato di volerli fucilare (sono stati condotti sul luogo delle esecuzioni): si vuole sapere da essi quale sia la fonte di quei volantini, e da chi sia formata l’Organizzazione Bashkimi Shqiptar. È probabile che abbiano parlato. Dai NN. [Nostri, cioè i Padri Gesuiti] neppure si sospetta che cosa stia per succedere”65.

Attesta Gjovalin Zezaj, giovanissimo di appena 17 anni, che, insieme ai seminaristi nel 1945 era stato uno dei fondatori dell’ Organizzazione “Bashkimi Shqiptar”, con lui in carcere: “I giudici volevano che noi accusassimo i Padri, in quanto nostri dirigenti e nostri capi. Ma, nonostante tutto quello che avevano fatto sui nostri corpi [le torture], nessuno di noi accettò la loro proposta criminale” .

Intanto il 28 novembre del 1945 non ci fu nessuna “riscossa generale”, così, mentre da una parte si seguiva la sorte dei giovani arrestati e torturati, dall’altra parte si seguiva ormai il momento delle elezioni del 2 dicembre. P. Luigi Rosa, teste de visu della situazione, registrerà che “I Superiori decidono di non imporre a nessuno, neppure ai Chierici, ciò che debbono fare. In forma privatissima consigliano di astenersi, per non approvare in alcun modo un regime ateo. La decisione è stata presa d’accordo con l’Arcivescovo e coi Superiori dei Frati Francescani”66.

“2 dicembre, è il giorno delle elezioni. Nessuno, né Gesuita, né Chierico, né Apostolico esce di casa … Il timore ha costretto molti a recarsi alle urne: l’affluenza è stata veramente grande.,. Molti dicono di aver dato il voto al Fronte per timore di essere scoperti come reazionari”67.

foto 1 (1)

La tragedia comincia a scatenarsi. Come ci si trovava nei 15 giorni prima delle elezioni, quando sono stati arrestati i giovani che distribuivano i volantini ciclostilati, così non sono passati i 15 giorni stabiliti dopo le votazioni, che il 7 dicembre “viene arrestato il chierico Mark Cuni di III Teol.[ogia] (Il P[adre] R[ettore] [P. Danjel Dajani] lo viene a sapere da Fr. Dodaj in teatro). Non si sa di che cosa si tratti: si pensa a qualche imprudenza nel parlare con qualche esterno. I Chierici sono molto impressionati. I Superiori hanno solo qualche sospetto vago intorno al motivo dell’arresto. Verso le 23.30 giungono al portone di casa alcuni partigiani che chiamano a gran voce il Capo di casa e battono grandi colpi con il calcio del fucile. Tutta la casa è svegliata. I partigiani (poliziotti del GPU) presentano al P. Rettore un biglietto di Mark Cuni, e richiedono la macchina da scrivere di cui in esso si parla. «La macchina da scrivere è presso [il chierico] Gjon Shllaku». La macchina è consegnata. Si incomincia a intravedere qualcosa. Qualche chierico si presenta ai Superiori e rivela che i manifestini sono stati tirati con un ciclostile vecchio, in soffitta: la matrice era stata preparata con la macchina da scrivere sequestrata. Parecchi sono i compromessi: i principali e qualcuno dei paurosi chiedono di allontanarsi dal Seminario e nascondersi. P. Fausti nega recisamente il permesso: «Avete mancato gravemente all’ubbidienza e alla disciplina: fatene la penitenza. Se vi lasciamo allontanare da Scutari, si sospetteranno di connivenza per tutto l’affare i Superiori. Non è giusto che gli innocenti soffrano per colpa vostra”68.

All’8 dicembre negli Appunti si legge: “Padre Fausti e Padre Dajani sono calmi. Si attendono gli sviluppi della situazione” e, come era usuale fare ogni anno nella ricorrenza della festa dell’Immacolata Concezione, “alla sera rappresentazione teatrale degli apostolici”69. La cronaca continua. “9 dicembre: viene arrestato il ch. Gjon Shllaku (III Teol.). Le scuole continuano regolari. Qualche chierico ha il coraggio di rimproverare i Superiori di poca vigilanza. Riferisco a P. Fausti: «Non si preoccupi», risponde, «È naturale, dato il loro carattere e l’impressione del momento, che si sfoghino così. In fondo capiscono essi stessi l’ingiustizia di questo giudizio»70.

L’11 dicembre 1945, di sera, vengono arrestati altri quattro seminaristi71. “Spavento generale in Seminario, scrive P. Luigi Rosa. Grande impressione in città … I PP. Fausti e Dajani, benché addolorati, sono calmi. Cominciano ben presto manifestazioni prudenti ma sincere di simpatia verso i Nostri [Padri Gesuiti] da ogni parte. In casa si è in dubbio se inviare cibo ai chierici prigionieri (in carcere ricevono solo un po’ di pane e brodaglia). Qualcuno dice che è meglio lasciarli alloro destino, tanto più che non possono più essere considerati membri del Seminario, dopo la loro mancanza; propone addirittura che vengano ufficialmente espulsi dal Seminario. P. Fausti e P. Dajani preferiscono non negare la carità di un po’ di vitto, anche perché il nostro gesto potrebbe esser attribuito a mancanza di cuore. Il giovane alunno musulmano, F. [Feuzi] Lici, che già da tempo informa il P. Rosa su ciò che riguarda il collegio, assicura di sapere da persone, che hanno grande importanza nelle carceri, che i Chierici vengono torturati in modo orribile”72.

“24 dicembre. P. Rosa riceve un biglietto da F. Lici. Esso dice in sostanza: «I Chierici sono continuamente sottoposti a torture: alcuni non possono neppure muoversi73. Si vuol sapere da loro qualche cosa dell’Organizzazione Bashkimi Shqiptar. Soprattutto si vuole che essi dicano che sono stati spinti a fare ciò che hanno fatto dai Superiori P. Fausti e P. Dajani. Essi finora hanno negato recisamente; dicono: ‘Se i Gesuiti avessero saputo, ci avrebbero cacciati dal Seminario’. Per ora voi dunque non siete in pericolo. Distrugga subito questo biglietto». P. Rosa lo consegna a P. Dajani, che lo mostra a P. Fausti e lo distrugge”74.

Pur svolgendosi sotto i propri occhi, i fatti sembravano molto lontani dagli interessati che si trovavano a preparare e a vivere il S. Natale del 1945. P. Rosa infatti registra: “25-30 dicembre. La festa di Natale e i giorni seguenti passano tranquilli. Nessuno sospetta pienamente la bufera che sovrasta Seminario e Collegio. P. Fausti al solito è ottimista”75. Intanto, “una settimana prima che fosse arrestato, chiamò P. Springhetti nella sua camera e gli disse: «Ho messo tutto in ordine, non si sa che cosa può succedere da un momento all’altro con questa gente … bisogna star pronti»”76.

Il 31 dicembre P. Rosa con amarezza riporta la nota dolorosissima: “31 Dic.[embre] 1945. (lunedì sera 18 ore). Appena tornati da una escursione compiuta con gli Apostolici, Fr. Dodaj e P. Rosa in un villaggio fuori Scutari, i PP. Fausti e Dajani vengono arrestati da alcuni ufficiali della G.P.U.”77. E al 1° gennaio 1946: “In casa si è storditi. Tuttavia non si crede ancora a un arresto vero e proprio. Alla sera però giunge da Tirana il P. [Mikel] Troshani. Porta con sé il numero del giornale «Bashkimi» [Unione] uscito al mattino nella capitale. In esso a caratteri grandi è comunicato in prima pagina l’arresto dei 2 Padnì”78.

Il 2 gennaio e giorni seguenti, P. Rosa annota: “Incomincia una campagna violenta contro il Clero cattolico e i Gesuiti in particolare … Nelle conferenze politiche, nei meeting che si tengono in tutta l’Albania, non manca mai almeno un accenno ai traditori fascisti P. Giovanni Fausti e P. Danjel Dajani. In apposite manifestazioni organizzate si grida: Piombo in fronte ai traditori … Viene riesumato tutto ciò che si può scoprire nel passato dei Gesuiti, che li possa mostrare nemici del popolo albanese, spie al servizio dello straniero, ecc,”79.

La notizia dell’arresto al suo P. Provinciale fu dato il 7 gennaio 1946 in questi termini: “Le accuse che si fanno ai due Padri sono molte gravi, tanto che c’è da dubitare sulla loro stessa vita. Si pensi che i due sacerdoti [i Beati Don Lazér Shantoja e Don Ndre Zadeja], a cui i nostri due si dicono strettamente legati… sono stati immediatamente fucilati, senza processo, dopo solo alcuni giorni del loro arresto … 80.

Scrivendo al Prefetto di Propaganda Fide il 9 gennaio 1946, il Beato Mons. Frano Gjini, allora Reggente della Delegazione Apostolica, dice: ” … Aggiungo che i RR. PP. Gesuiti in tutto questo fatto non hanno avuto alcuna parte, anzi nessun sentore, come l’attestarono i chierici catturati e sottoposti a tortura. Con tutto ciò il 31.12.1945 [cioè nove giorni prima] venivano tratti in arresto il R. P. Rettore del Seminario, P. Daniele Dajani, e il Vice Provinciale, P. Giovanni Fausti, sotto l’imputazione di organizzatori di atti terroristici contro il governo del popolo … I due sunnominati Padri Gesuiti e qualcuno dei chierici potranno essere fucilati giacché ogni giorno nei meeting, conferenze e stampa si eccita il popolo a voler domandare la loro condanna”81.

Dal momento tragico dell’arresto, per il tempo che resta della loro vita, circa 60 giorni, P. Giovanni Fausti e P. Danjel Dajani, insieme ad altri, corrono sull’unica via dolorosa, quella inaugurata da Cristo innocente e martire. Dal Seminario P. Giovanni Fausti, dove al momento dell’ arresto “reagì come un agnello”, secondo quanto ha detto Gjovalin Xhanxhafili, insieme a P. Dajani, dagli agenti del Sigurimi fu portato alla casa di Pjeter Curçia, trasformata in carcere e lì, su di loro si scatenò ogni sorta di interrogatori e di torture, per due interi mesi, fino alla morte”. In quelle circostanza aveva trovato l’occasione di perdonare, come aveva appuntato nel suo Diario nel pieno della sua giovinezza: “31 dicembre 1920 Stamani ho meditato lo schiaffo che Gesù ricevette dal servo di Anna, per vedere in Gesù la pratica perfetta della carità e del perdono, che voglio cercare di imitare quando mi si presenterà l’ occasione”83.

Soprattutto contro P. Fausti e P. Dajani “si scagliò non solo il giornale di Tirana «Bashkimi», ma perfino … Radio Mosca, accusandoli di essere i Capi della lotta clandestina antinazionale cattolico-fascista. Di questi due sacerdoti è stata chiesta ufficialmente l’impiccagione”84.

Intanto, vale la pena inserire anche qui quello che annota P. Luigi Rosa in merito all’apparato del dibattimento in sede di tribunale: “I processi si svolgono in un pubblico cinema-teatro, il «Rozafai». Sullo sfondo del palco c’è una grande scritta: «Viva la giustizia del popolo». I giudici sono tutti militari: il capo del tribunale è un maestro elementare [Tenente Mustafa Iliazi con tre anni di scuola magistrale], gli altri due sono operai (il cattolico Pjetèr Darragjati apparteneva alla Milizia Volontaria Fascista). Il Procuratore del popolo è un giovane [Capitano Aranit Cela] di 22 anni che ha frequentato il secondo corso di giurisprudenza a Parigi. Il popolo è costituito nella gran parte da persone mobilitate dal Partito, per entrare nella sala si richiede uno speciale biglietto”85.

Insieme ai Gesuiti P. Giovanni Fausti e a P. Danjel Dajani, furono processati i Beati P. Gjon Shllaku O.F.M. e il Sem. Mark Cuni, gli altri 5 seminaristi Gjon Shllaku, Ndoc Vata, Gjergj Bici, Preng Lezaj e Pjeter Gjoka e i giovani laici attivisti Beati Gjelosh Lulashi, Qerim Sadiku, Fran Miraka e altri 27 imputati. Ha raccontato P. Zef Pllumi:

“Ogni volta che si teneva il processo, il regime aveva organizzato una sorta di farsa, tragica per i martiri e sadica per gli spettatori. Dal carcere venivano portati al Rozafat. La colonna dei prigionieri usciva dal carcere e si dirigeva verso la piazza centrale di Scutari, per arrivare, appunto al Rozafat, dove si svolgeva il processo. In testa alla colonna camminavano i tre sacerdoti legati con catene, tutti e tre insieme: P. Fausti, P. Dajani e P. Shllaku. Dietro di loro il Sem. Mark Cuni e gli altri seminaristi e poi tutti gli altri. Tutti legati due a due, oppure a tre a tre, ed erano accompagnati da due cordoni di agenti del Sigurimi. Lungo la strada, ai lati, aspettavano e accompagnavano il triste corteo i giovani comunisti. Questi gridavano, li offendevano e li sputavano. Questa scena era uguale a quella, di quasi duemila anni prima, che si svolse lungo le strade di Gerusalemme da Ponzio Pilato al Calvario. Per 19 giorni si ripeté questo mesto viaggio per le strade della Gerusalemme albanese. Tutti facevano tutto il possibile per disprezzarli e umiliarli. Appena il corteo metteva piede nel Rozafat alla presenza del pubblico selezionato, gli altoparlanti, dentro e fuori, insieme al pubblico, intonavano canti satirici che incitavano alla vendetta contro il clero. Cominciava poi la seduta giudiziaria con una sfilza di domande, ripetute una dietro l’altra, da parte di tutti i membri del tribunale, da non permettere agli accusati la possibilità di riflettere e di difendersi”86.

Giunta e appresa in ritardo in Italia la notizia della macabra sfilata, P. Caldiroli scrive: “Povero P. Fausti! … per la stretta delle catene aveva le mani gonfie; … alle beffe, agli sputi, alle ingiurie, grosse lacrime solcavano le sue guance innocenti! Erano le lacrime di Cristo sopra l’ingrata Gerusalemme!”87 e, a mesi di distanza, un anonimo testimone precisa che “le mani erano arrossite dalla stretta delle manette”88. Una toccante testimonianza del carcere nei riguardi di P. Fausti è stata data con dovizia di particolari dall’allora diciassettenne Giovalin Zezaj, arrestato e in prigione con lui con le stesse accuse: “lo ho avuto l’occasione di restare più spesso con P. Giovanni Fausti. Per la prima volta nella mia vita l’ho visto e conosciuto in carcere quando andavo in un bugigattolo sotto una scala, che serviva come cella, ma contemporaneamente serviva anche come gabinetto per alcuni arrestati,

che eravamo al piano terra. In quella cella improvvisata si trovava legato l’onorato Padre e io, quando entrai, lo salutai, e poi gli ho parlato con voce molto bassa. Un’altra volta volevo dargli delle arance, ma lui mi disse con la sua voce dolce: «No, figlio, tu hai bisogno di nutrirti». Ogni volta, e ciò capitava due o tre volte al giorno, questo dipendeva dalle guardie buone o cattive, lo trovavo con le mani giunte e pregava sempre. Ebbe molta fiducia nei miei riguardi e parlava con me senza paura. Mi dava coraggio e mi diceva che dobbiamo pregare sempre Dio e che non dobbiamo perdere mai la speranza in lui che ci aiuta. Ogni volta che lo incontravo faceva tutto il possibile per tenermi su di morale, dicendomi tra l’altro: «Gesù ha detto: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Così mi dava coraggio perché ero molto giovane. Avevo un grande desiderio di incontrarlo spesso. Mi sembrava proprio un santo. Ancora oggi non posso capire come poteva essere così tranquillo in quella cella così terribile, in cui mancava completamente l’aria pura. Nonostante tutto, continuava a essere calmo e parlava sempre di speranza in Dio. Gli interrogatori si facevano sempre dopo la mezzanotte per terrorizzare sempre più le nostre anime, e quando venivano i poliziotti, come demoni, a prelevare il Padre, lui era molto tranquillo e saliva le scale adagio, adagio, forse pregava anche allora” .

Quegli interrogatori, uniti a indicibili torture, costituirono l’istruttoria che si svolse il 16, il 24 e il 28 gennaio del 1946. Dalle risposte date da P. Fausti si conoscono le domande incalzanti con cui veniva aggredito. Il 16 gennaio 1946 è stato interrogato da Fadil Kapisyzi e P. Fausti presenta e giustifica la natura e il ruolo della Chiesa cattolica di cui è si sente membro vivo, e la sua convinzione e il suo atteggiamento in merito all’Italia che aveva occupato l’Albania, occupazione che lui non aveva condiviso affatto. Inoltre, prende le distanze da quanto hanno potuto operare gli altri nei riguardi degli italiani e dei tedeschi. Dà le motivazioni dell’ opera svolta dai Gesuiti, già in atto prima che lui arrivasse in Albania. Dichiara la sua estraneità in merito all’organizzazione “Bashkimi Shqiptar” e rigetta le altre accuse, giustificando il suo operato anche in ordine alle lettere inviate e ricevute dal suo Superiore Generale da Roma’89.

Il 24 gennaio torna a precisare che non ha parlato contro il governo in quanto tale, ma solo contro il partito comunista, basandosi soprattutto sulla stampa di ispirazione cattolica. E ancora giustifica il suo comportamento e operato anche in merito alle vacanze dei seminaristi e come è venuto a conoscenza dei volantini della cui compilazione e diffusione aveva collaborato il sem. Mark Cuni”.

Nel Verbale dell’Istruttoria del 28 gennaio sono riportate le accuse esplicite che il procuratore Aranit Çela fa anche contro P. Fausti e cioè: – che ha svolto ampia attività fascista in quanto docente e conferenziere e altro per “fascistizzare” gli albanesi, soprattutto gli studenti; – che è stato il principale promotore dell’organizzazione “Bashkimi Shqiptar”, favorendone l’attività terroristica, – che ha frequentato i reazionari per sabotare le elezioni del 2 dicembre 1945, e altro”.

Stando all’arroganza del procuratore, se l’imputato non confermava le sue accuse, la malevola osservazione era quanto mai scontata: “mente e non dice la verità” 92, e tutto ciò che non corrispondeva ai canoni comunisti era necessariamente fascista, non c’erano alternative.

Se questa era la condizione di vita in carcere e dell’istruttoria, la via crucis, vera e propria, come è stato detto avanti, doveva ancora cominciare, e cominciò puntualmente con il processo il 31 gennaio 1946 nei cui Atti per la prima volta viene verbalizzato: “Gli imputati sono stati portati dal carcere e messi agli appositi posti”.

Durante il processo, prevedendo una quasi certa condanna a morte, “degna di rilievo è l’azione svolta dalla Segreteria di Stato per salvare dalla morte i Padri Gesuiti Fausti e Dajani ed alcuni Chierici albanesi”93. Ma fu tutto vano. Anzi era un modo come un altro per alimentare lo spregiudicato orgoglio di Enver Hoxha, che avvertiva come vanto che la sua minacciosa violenza faceva effetto anche contro il Vaticano e altri governi, soprattutto gli anglo-americani”94.

Il processo, come già detto innanzi, si svolse nel cinema Rozafat di Scutari alla presenza di un pubblico selezionato, per la maggior parte costituito da membri del partito comunista… Il Tribunale era costituito dal Tenente Mustafa Iljazi, in qualità di Presidente, dai membri Capitano Namik Qemali e Aspirante Tonin Miloti, dal Procuratore capitano Aranit Çela95 e dal segretario Shaban Qamil Dautaj. Il turno di P. Fausti avvenne il 9 febbraio, interrotto frequentemente dal procuratore, che interveniva a suo compiacimento.

Il Procuratore con la sua caratteristica rabbia, snocciolò le imputazioni calcando il peso delle accuse. P. Fausti, a quanto gli veniva contestato, precisa:

– di essere stato mandato in Albania come missionario e non come attivista politico;

– ancora una volta dà ragione del comportamento e operato suo e dei Gesuiti a scuola e al di fuori di questa; precisa di aver sempre contestato il comunismo in quanto dottrina atea e che non si è mai interessato di politica; puntualizza che se la Chiesa si immischia nella politica, ciò avviene solo quando viene violata la fede ed è contro i principi religiosi e umani;

– che il servizio prestato ai soldati italiani, di stanza a Scutari e dintorni, per i quali era stato istituito il dopolavoro, era unicamente a scopo religioso per prevenire possibili immoralità;

– che gli aiuti economici ricevuti anche dall’Italia, come prima li ricevevano dall’Austria, erano finalizzati solo per sostenere la propagazione della fede;

– che l’Italia per occupare l’Albania non aveva chiesto il permesso ai Gesuiti e che non erano stati invitati da loro;

– di aver raccomandato sempre ai seminaristi di non immischiarsi nella politica;

– che se i seminaristi sono stati mandati in vacanza, negli ultimi tre anni, era solo per difficoltà economiche e non per fare propaganda politica96.

Il processo contro P. Fausti riprese due giorni dopo, l’11 febbraio 1946, con lo stesso rituale sull’ormai via dolorosa ed è continuato con la stessa annotazione: “Gli imputati sono stati portati dal carcere e messi agli appositi posti”. Il dibattimento si svolge tra le incalzanti e malevole accuse sparate dal procuratore Aranit Çela, che tratta P. Fausti e gli altri come criminali, e le pacate e rispettose risposte dell’imputato. Questa volta l’arringa si svolge sui legami dei gesuiti con il Vaticano e i propri Superiori di Roma, sulla condizione e situazione del seminario, sulla rivista dei Gesuiti LEKA, che avrebbe propagandato il fascismo, sul coinvolgimento dei Gesuiti nel movimento anticomunista “Balli Kombétar” (Fronte Nazionale); sulle direttive date ai seminaristi, quando sono andati in vacanza, e su quanto era accaduto in seminario in ordine ai volantini che, stando al procuratore, dovevano certamente essere stati preparati da P. Fausti e da P. Dajani”.

Nonostante le oggettive e convincenti giustificazioni date dall’imputato, la gravità della condanna ormai era nell’aria, e né P. Fausti e né gli altri si facevano delle illusioni. Non aveva già scritto al suo Padre Generale: “Ci teniamo nelle mani di Dio, pronti a tutto ?98.
Così anche lui, come il suo Maestro, sudando sangue, avrà potuto dire: “Padre, è giunta l’ora. Glorifica il tuo servo” (Gv 17,1).

Il processo fu una colossale mostruosa montatura. Il tribunale non cercava la verità e la giustizia, ma puntava unicamente verso la condanna che era stata preventivamente decisa e preparata appunto con la serie delle calunnie assurde e diaboliche. Ha detto Don Simon Jubani (07.07.1993): “P. Fausti durante il processo si comportò con totale padronanza della situazione e disinvoltura, senza lasciarsi impressionare dagli eventi e né dalle urla dell’accusa, cioè dell’accanito procuratore militare, che con il tono della voce cercava di terrorizzare gli imputati e di coinvolgere il popolo, supplendo così alla mancanza di ragioni” 99.

Con tutte le false accuse” si voleva mascherare il vero motivo, e cioè che P. Fausti, con le sue qualità straordinarie di mente e di cuore e con la saggezza de suoi consigli, sarebbe stato di serio ostacolo alla propaganda atea e bolscevica del nuovo Governo. Ecco perché doveva essere eliminato”100.

Inoltre Pjeter Pepa riferisce che Kol Dhimitri, l’avvocato che difendeva P. Fausti e P. Dajani, durante il processo ebbe a dire alla corte: “Se condannate questi due sacerdoti, aggiungerete due martiri alla Chiesa cattolica e odio verso voi stessi”. Kol Dhimitri e l’altro difensore, Paulin Pali, pagheranno con la morte questa difesa e minaccia101.

Gjovalin Xhanxhafili ha detto che, in carcere, “passava la maggior parte del tempo in preghiera”. E ancora, durante l’estenuante processo” reagì con fortezza e sangue freddo. In tribunale disse: «Siamo in minoranza», come a voler dire che in quella situazione era inutile discutere”. Il procuratore Aranit Çela, nell’arringa conclusiva del processo, vanta l’operato del Tribunale dicendo: “I nostri processi vengono presieduti dai migliori figli del popolo, usciti dalla guerra e non dalle persone dei precedenti processi politici che prendevano alla lettera il Codice Penale. Oggi, i nostri tribunali hanno le leggi che sono uscite dalla lotta del Fronte Nazional Liberatore e sono leggi chiare e lungimiranti. Abbiamo detto e lo diciamo ancora che ci appelliamo alle leggi uscite dalla lotta … “. Poi riferendosi espressamente all’avv. Kol Dhimitri, che il giorno precedente aveva difeso P. Fausti e P. Dajani, con spavalderia dice: ” ... a lui diciamo che niente ci fa paura, la reazione faccia quello che vuole, perché la politica dell’attuale Governo, in collaborazione con il Popolo, è chiara e giusta …. Per i criminali di guerra e i nemici del popolo non c’è pietà, c’è solo la pallottola in fronte. (Il popolo applaude) …. Compagni giudici, il popolo e gli operai chiedono che il loro desiderio venga soddisfatto, perché non vuole perdere l’indipendenza guadagnata con il sangue di migliaia di eroi. Il popolo ha detto la sua parola, che la reazione e i reazionari devono essere condannati senza pietà affinché queste spine vengano estirpate”102.

Concluso così il faticoso processo, che ha visto sparare accuse giuste e ingiuste su 39 imputati, l’ovvia sentenza non si fece attendere. Era il 26 febbraio, in pieno inverno, le nuvole coprivano il cielo, oscurandolo, il gelo come spada feriva anche il sangue che scorreva nelle vene. Il Tribunale era composto dagli stessi membri.
Come al solito, si legge nel verbale: “Gli imputati sono stati portati dal carcere e messi agli appositi posti, cosi anche i rappresentanti della loro difesa. Il Tribunale, dopo avere discusso la causa, ha dichiarato che i primi tre [P. Fausti., P. Dajani e P. Shllaku] hanno fondato e organizzato l’organizzazione «Bashkimi Shqtptar» … e con la complicità dei criminali di guerra e della reazione estera, hanno voluto terrorizzare il popolo e gli uomini del potere e sabotare le elezioni [del 02.12.1945] tramite volantini e, alla fine, fare una rivolta armata per il rovesciamento del potere … Tutti gli imputati erano rappresentati in questo processo dagli avvocati Kol Dhimitri, Paulin Pali, Ferdi Kumbaro, Osman Shehu, Qemal Shehu, Emid Tedeskini, Pjerin Koliqi, Ranko Crankoviq e Sabri Quku, nominati dal Tribunale. Alla fine del processo, svolto apertamente e pubblicamente, gli imputati hanno ammesso la loro partecipazione all’Organizzazione «Bashkimi Shqtptar», che aveva una tendenza fascista e terrorista, la distribuzione dei volantini e le altre azioni che hanno svolto, mentre Padre Giovanni Fausti, Padre Danjel Dajani e Padre Gjon Shllaku le hanno negate” .

Alla luce di questi crimini, analizzati sotto ogni aspetto, il procuratore chiede, e non poteva essere diversamente, la scontata condanna a morte oltre che per Padre Giovanni Fausti, anche per Padre Danjel Dajani, Padre Gjon Shllaku, per i seminaristi Mark Cuni, Gjergj Bici, e per i giovani Gjelosh Lulashi, Qerim Sadiku e Frano Mirakaj103.

Il 26 febbraio 1946, nel testo che chiede al Supremo Tribunale Militare di Tirana l’approvazione delle condanne emanate, tra l’altro si legge: “Lo svolgimento del processo è stato seguito con grande interesse da tutto il popolo, particolarmente dai cattolici. A non essere molto pessimista, posso affermare che il processo è andato molto bene in tutto, nonostante che i seminaristi abbiano negato che Padre Fausti e Padre Dajani siano stati i capi dell’organizzazione, ma questo viene smascherato da varie lettere trovate in prigione, dirette ai seminaristi, perché difendessero ad ogni costo i loro superiori, e sono state messe ben in chiaro dal Procuratore per renderle note al pubblico”104.

Pur venendo negata da tutti la paternità di “Bashkimi Shqiptar” e di altro ai Padri Gesuiti, come si evince dall’intero processo, il procuratore fa appello alle fantasiose lettere trovate in carcere, che non vengono né lette e né riportate’?”. Comunque la decisione era stata presa e la sentenza doveva essere applicata.

Così scrisse l’anonimo testimone: “Verrà giorno in cui il processo di P. Fausti potrà essere riportato interamente. Per ora io che ho assistito posso dire quanto segue: L’interrogatorio svoltosi dinanzi al pubblico ha tolto parole di ammirazione agli stessi comunisti … Il processo di P. Fausti io lo definisco così: «Non è stato il Padre Fausti sul banco degli accusati, ma la Chiesa Cattolica» …. Ho veduto il Padre Fausti uscire dal Tribunale il giorno della condanna a morte. Era calmo e sereno come sempre, come se fosse stato in procinto di entrare in classe per dare una della sue consuete lezioni di filosofia. Un giorno l’avvocato difensore andò a trovarlo in carcere, prima della condanna definitiva, credendo che Padre Fausti avesse bisogno di conforto. Ma il caro Padre, che già aveva compreso tutto, gli rispose con queste testuali parole: «Fra qualche giorno incomincia per me la vera vita». L’avvocato raccontò a molti la sua visita al condannato, stupito per aver trovato tanto coraggio”106.

Anche Marinte Gjoka, che fu presente al processo, ha detto (17.03.2004): “Nel momento della lettura della condanna a morte, P. Giovanni Fausti non diede alcun segno di preoccupazione”. “Il buon Padre, che ben conosceva l’intento dei suoi persecutori, durante i penosi mesi di prigionia, sull’esempio dei grandi Confessori della fede, si preparò al supremo olocausto della sua esistenza sacerdotale, soffrendo con serena fortezza ogni umiliazione e indigenza”107.

Emanata la sentenza, in pari data, il Tribunale di Scutari scrive al Supremo Tribunale Militare di Tirana per avere l’approvazione della sentenza. A firma del presidente del Tribunale di Scutari, il Tenente Mustafa Iljazi, nella richiesta tra l’altro si legge: “Padre Giovanni Fausti, Padre Danjel Dajani e Padre Gjon Shllaku sono le persone più autorevoli tra il clero sotto ogni punto di vista, i primi due sono condannati dall’opinione pubblica, invece Padre Gjon Shllaku è considerato un patriota, ma in verità è un elemento fascista con una vasta cultura, in quanto tali, sono persone che non servono a niente a questo regime attuale, anzi sono i più grandi suoi nemici” . E aggiunge che il processo è andato molto bene in tutto “nonostante che i seminaristi abbiano negato che Padre Fausti e Padre Dajani siano stati i capi dell’organizzazione [Bashkimi Shqiptar]… “108.

“Quattro giorni prima dell’esecuzione capitale P. Fausti fu legato al P. Gjon Shllaku [francescano] con strette catene. Si privò del materasso volendo fare penitenza; passava la maggior parte della giornata pregando; scherzava ed era quasi allegro -racconta un partigiano- come se fosse stato invitato ad una grande festa”109.

L’approvazione della condanna, a firma del Ministro della Guerra e della Difesa, il Generale Colonnello Enver Hoxha, non si fece attendere con l’aggiunta della seguente ingiunzione: “Comunicateci la data dell’esecuzione e le loro ultime parole”110. Mentre all’alba del 4 marzo 1946 lo portavano con altri alla fucilazione, P. Fausti, pregando, rivolgeva parole di conforto ai compagni e di perdono e di speranza per tutti, e incoraggiava se stesso e gli altri dicendo: “Andiamo alla casa del Signore”111 .

17

Così ha testimoniato Don Tom Laca, cui venne concesso di rendere gli ultimi conforti religiosi e che poi sarebbe finito in carcere: “Il viaggio a bordo del camion della morte, dalla prigione fino al cimitero di Rrmaj, vicino alla città, è stato relativamente breve. Non tremavano le labbra ai condannati, non si stringeva loro il cuore. Viaggiavano sereni  verso l’eternità. Uno vicino all’altro, mano nella mano, a formare una corona, hanno baciato la croce e pronunciato le ultime parole”112. “Non ebbero bisogno di confessarsi, perché, essendo in tre Sacerdoti si erano già confessati prima; ricevettero invece la S. Comunione inginocchia ti nel fango”113.

In quello stesso giorno così veniva informato il Generale Colonnello Enver Hoxha: “Vi informiamo che i condannati a morte P. Giovanni Fausti e gli altri, sono stati giustiziati oggi 4 marzo 1946, lunedì alle ore 5 del mattino“. In allegato è riportato il verbale delle ultime parole di P. Fausti: “Oggi 4 marzo 1946, lunedì alle 5.00, io, aspirante Tonin Miloti con il grado di vice procuratore del Tribunale Militare di Scutari, sono andato sul luogo dell’esecuzione dei condannati a morte sopracitati, per prendere nota delle loro ultime parole e per essere presente nel momento dell’esecuzione. Prima dell’esecuzione ha dichiarato: «Sono contento che la morte mi trovi nel compimento del mio dovere, salutatemi i Gesuiti, i seminaristi, il Delegato Apostolico [il Beato Mons. Frano Cjini]114, e l’Arcivescovo [Mons. Casper Thaçi]115. Viva Cristo Re»”116.

Preparandosi a ricevere il ministero del suddiaconato, allora aveva solo 23 anni, aveva appuntato nel suo Diario: “8 aprile 1922 – La morte – La cara consigliera, la consolatrice di chi lotta per il Signore. Che io non la tema mai, o mio Dio. lo vivrò del mio meglio, invocando quell’ora come una liberazione: abbandonerò allora le mie miserie alla tua misericordia, e verrò a te, o mio Dio117, E così fu!

A 47 anni P. Giovanni Fausti, “consolato e liberato”, cessò di vivere su questa terra dietro il cimitero di Rrmaj a Scutari, dove la morte per fucilazione lo trasferì tra gli imortali per vedere !’Immortale, insieme ai Beati P. Danjel Dajani S.I. (40 anni), P. Gjon Shllaku O.F.M. (39 anni), al Sem. Mark Cuni (27 anni) e ai giovani Gjelosh Lulashi (21 anni) e Qerim Sadiku (27 anni).

Confidò una volta P. Zef Pllumi O.F.M.: “Di solito, dopo le esecuzioni, i partigiani lasciavano per qualche tempo i corpi senza vita per terra, per incutere così maggiormente il terrore nell’animo della popolazione. Tutti capirono ciò che era successo. In poco tempo, da tutte le parti, la gente accorse a vedere. Quelli che abitavano lì vicino giunsero così in fretta sul luogo dell’esecuzione che trovarono, ancora caldo, quel sangue che copioso sgorgava dalle ferite. Ci fu qualcuno che bagnò un fazzoletto bianco nel sangue di Padre Gjon Shllaku. Ma più tardi la guardia partigiana lì designata, non permise ad alcuno di avvicinarsi a meno di due o tre metri dalle vittime. Sei corpi stesi in modo disordinato, secondo come li avevano fatti cadere le raffiche delle mitragliatrici del plotone di esecuzione. In testa si vedeva il colpo di grazia dato dal procuratore. I partigiani del plotone erano tornati con lo stesso camion con cui erano venuti, cantando forsennati in un’isteria collettiva quei noti motivi di sangue e terrore. Quel giorno loro vennero ricompensati con una doppia razione di rancio. Uno di loro, in gran segreto, aveva confidato ad un giovane cattolico: – Mai avevo visto in vita mia uomini più coraggiosi, sono morti tutti gridando a voce alta «Viva Cristo!», Fin dopo mezzogiorno i loro corpi giacquero in sepolti ed il popolo continuò ad accorrere per vederli. Allora venne un’altra squadra partigiana che scavò una fossa comune, profonda circa mezzo metro, e qui li seppellirono, insieme a tanti e tanti altri che prima di loro erano stati fucilati dietro al muro del cimitero cattolico, all’ombra di due immensi platani. Quei due platani sono ancor oggi muti testimoni del sangue innocente che è stato versato sulle loro radici. lo vado spesso lì e mi sembra di conversare con loro, e mi accorgo che, da allora, i due giganti hanno cominciato a rinsecchire e ad invecchiare”118. “Quel giorno pioveva a dirotto e i corpi, come di solito, si lasciarono per una mezza giornata insepolti, esposti al pubblico e alla plebaglia comunista. In serata tutti insieme furono trascinati in una fossa e coperti con l’immondizia della città. Il giorno dopo si vedeva ancora il sangue sul posto della fucilazione, ma nessuno riusciva ad individuare il luogo preciso della sepoltura119.

In Italia la notizia della tragica fine dei due Gesuiti giunse addirittura prima che avvenisse, tant’è che il P. Caldiroli così scrive al suo Superiore Provinciale: “In questi giorni passati noi pregavamo che sui nostri Padri si compisse la volontà di Dio … martiri, se il Signore li voleva tali. E il Signore veramente li volle. Oh! Non c’è dubbio … innocenti, essi morirono vittime dell’odio satanico che spira da Mosca contro la Chiesa cattolica. Sono certo … anche l’Albania aveva bisogno di Martiri, e il Signore ebbe la grande bontà di donarglieli. Il loro Sangue sarà veramente il seme che darà inizio ad una nuova vita per la Chiesa e per la Compagnia [di Gesù] in Albania e … da questo martirio risorgeranno più unite, più purificate, più ardenti di zelo per la causa di Cristo e delle anime120. Poi la notizia certa dell’avvenuta esecuzione così viene data: “La notizia che i carissimi Padri Fausti e Dajani sarebbero stati fucilati al giorno 6 c. m., … mi è stata data da un Colonnello inglese … Credo che ormai non ci sia più nulla da dubitare sulla notizia121.

L’Osservatore Romano, informato dell’esecuzione avvenuta da più di venti giorni, così conclude l’annuncio e il commento della tragica notizia: “È chiaro purtroppo che siamo di fronte ad un altro di quegli innumerevoli processi politici di questo dopoguerra, di cui è fin troppo palese il rivoluzionario concetto delle prove e delle garanzie civili e giuridiche degli imputati; dell’innocenza e della colpevolezza; caratteristiche proprie della rappresaglia non della giustizia, delle passioni vendicative non della superiore tutela sociale e nazionale, per cui si crede di riparare le ingiustizie patite con nuove ingiustizie, le violenze faziose con le violenze legali“. E conclude: “Ai religiosi così miseramente sacrificati sorrisero certo nell’ultimo istante, due supremi conforti: la consapevolezza di essere partecipi della nuova persecuzione anticattolica, cioè assertori con la vita della causa stessa della Chiesa; e la fede in una eterna giustizia cui nulla può velare il vero né deviare la sentenza infallibile122.

Nella relazione “Persecuzione religiosa nell’Albania Rossa” si trova scritto: “Questo è certo: i Padri Fausti Giovanni e Dajani Danjel caddero sotto il piombo assassino come Gesuiti in odio a Cristo e alla Chiesa, perciò si possono considerare martiri della fede” 123.

Mons. Frano Illia, che fu arcivescovo di Scutari dal 1993 al 1997 e che ebbe la sorte di conoscerlo, apprezzarlo e collaborare con lui, lo ha ritenuto come “Autentico martire della fede124.

“In una lettera di condoglianza pervenuta al Superiore Italiano di P. Fausti, una persona, che gli fu vicina per tanti anni, così si esprime: «Ho ben presente il caro P. Fausti. Mite, calmo, di sano criterio, incapace di intenzioni meno rette, e molto meno di imprese o mene da reazionario … Per me P. Fausti va associato tra i Martiri. Causa Politica? lo penso a quella dei primi Martiri, dei Martiri del Giappone, del Tonchino, dei Boxers, e soprattutto a quella di Gesù accusato nello stesso modo”125.

La gente fin dal primo momento, sapendo che era stato perseguitato unicamente perché era sacerdote cattolico, gesuita e italiano e che, per 1’autorevolezza che aveva, era un esponente importante del cattolicesimo e dei Gesuiti, lo ha ritenuto innocente e ha provato molto dolore per la sua uccisione, mentre per lui e per gli altri sacerdoti uccisi diceva: ” Questi sono veramente santi!”,

” Il P. Fausti con il suo contegno e col suo coraggio ha dimostrato a cattolici e musulmani d’Albania che chi crede in Dio e nella vita eterna e non è legato ai piaceri terreni, affronta la morte con coraggio e serenità”126. Nel 25° anniversario della sua immolazione, così ha amato ricordarlo il suo compagno di seminario, divenuto Papa: ” A quanti ravvivano ed onorano la memoria del compianto ed eroico Padre Giovanni Fausti S.I., … mandiamo la nostra confortatrice benedizione, esprimiamo il nostro cordoglio ed assicuriamo il nostro suffragio, sempre ricordando il compagno di studi, ammirando la sua dedizione alla vita religiosa e la sua valorosa testimonianza alla fede cattolica, e auspicando che dal suo sacrificio abbia conforto ed esempio la Chiesa paziente”127.

Il Presidente della Repubblica d’Albania, in memoria, il 25 febbraio 1993, gli ha conferito 1’onorificenza con medaglia di Martire della Democrazia con la seguente motivazione: “Lavorò e si sforzò fino al sacrificio perché la sua cultura fosse al servizio della Patria e della Fede, fu martirizzato dalla dittatura comunista per aver compiuto i suoi santi doveri e per il suo atteggiamento di altruismo e di indomito democratico”128.

Molto è stato scritto su P. Fausti, gesuita integerrimo tutto dedito alla sua missione religiosa e sacerdotale, attuata soprattutto attraverso il suo insegnamento e le sue pubblicazioni129. Molto si scriverà ancora perché, più passa il tempo, più la sua personalità si ingigantisce e si impone.

11 martiri_albanesi[1]

 

Note

  1. La madre, forte nella fede, è deceduta il 14 febbraio 948, due anni dopo il tragico olocausto del figlio.
  2. All’Ufficio Anagrafe del Comune di Brozzo, fu dichiarato un mese dopo la nascita e propriamente all’ora pomeridiana una e minuti quaranta del 20.10.1899 come nato il 19 corrente alle ore pomeridiane 3 e venti. Nel Registro del Battesimo invece risulta “nato il 19 settembre e battezzato il 22 dello stesso mese”. Certificato del Battesimo della Parrocchia di Brozzo e il Certificato di Nascita del Comune di Marcheno. Cartella: P. Giovanni Fausti. Archivio della Curia Arcivescovile di Scutari-Pult, d’ora in poi ACASP.
  3. Certificato di Stato di Famiglia del Comune di Marcheno, rilasciato il 27.07.2007. Cartella: P. Giovanni Fausti. ACASP.
  4. SUOR UMBERTINA FAUSTI: Senza data, ma dal contesto si deduce che fu richiesta e data nel primo anniversario della tragica fine del Beato, cioè intorno alla Pasqua del 1947. Cartella: P. Giovanni Fausti. ACASP.
  5. In data 28 gennaio 1912, poco più che dodicenne, così scrisse al suo Parroco di Brozzo.
    ” … Dopo l’Epifania abbiam fatto gli esami, dei gradi dei quali non so che quelli di latino, dove ho preso nove, di quelli di italiano dove ho preso sette, e di religione nella quale ho riportato dieci meno. lo qui in Seminario ci sto volentieri, sono molto allegro. Giovedì scorso abbiamo fatto il Santo Ritiro, che io, coll’aiuto del Signore, spero di aver fatto bene … ” (P. GIOVANNI FAUSTI: Lettera al parroco del 28.01.1912). Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  6. In una cartolina postale scritta da Roma l’8 giugno 1919, così il sem. Fausti scrive al suo parroco di Brozzo: “Eccomi al colmo dè’ miei desideri! Sono qui, in una casa religiosa, libero di attendere alle mie occupazioni per quanto porti ancora l’abito militare, e abbia l’incomodo di andare in caserma ogni 10 o 15 giorni a ritirare la conquina. Frequento la R. Università fino a luglio; al 7 cominciano gli esami … ” (Cartolina al parroco del 06.1919). Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  7. DON GIOVANNI BATTISTA RE: Lettera al Rettore del Pontificio Seminario Lombardo di Roma del 02.10.1920. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  8. Il Catalogus personarum primus dice che conseguì il Dottorato in Filosofia presso l’Accademia di S. Tommaso. Cartella: P. Giovanni Fausti. ACASP.
  9. Ordinario particularis … del 09.07.1922 ad sacrum Presbiteratus Ordinem n. 2. Cartella: P. Giovanni Fausti. ACASP. SUOR UMBERTINA FAUSTI, c.
  10. Cfr. Catalogus personarum primus, o. c.,
  11. P. GIOVANNI FAUSTI: Diario 13.03.1924-07.11.1924. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  12. Idem, Diario:Meditazioni, 01.11.1924-13.11.1924. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  13. Dovrebbe essere il 1° novembre 1926, come da sua lettera senza data ai familiari. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  14. P. LUIGI ROSA S.I.: Un Seminario Pontificio nel vortice della persecuzione comunista – Scutari 1945-1946. Trad. Willy Kamsi e Loreta Tomaj. Qendra Botuese Shoqata e Jezuitéve, Shkodér 2008, p. 131.
  15. Catalogus Provincia! Veneta! s.I., Scodrce Typis Seminarii Pontificii anni 1925-1946.
  16. SUOR UMBERTINA FAUSTI, o. c.
  17. Per P. Anton Luli, vedere in appendice: Personaggi.
  18. Per P. Gjergj Vata, vedere in appendice: Personaggi.
  19. I Diari, cui si fa riferimento, a intervalli, coprono l’arco di tempo che va dal 1917 al 1936. Eccone l’elenco: Brani di Diario 1917-1919; Diario: 28.10.1920-20.03.1921; Diario: 20.02.1920-18.02.1922; Diario: 07.04.1922-03.07.1922; Diario: 29.10.1922-17.08.1923; Diario: 13.03.1924-07.11.1924; Diario: 01-13.11.1924 – Meditazioni; Diario Esercizi spirituali 1936. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  20. P. GIOVANNI FAUSTI: Lettera al Vicario Generale del 16.12.1942. Cartella:Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  21. P. GIOVANNI FAUSTI: Lettera al Vicario Generale del 23.03.1945. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  22. Ibidem. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  23. A riguardo merita di essere considerata tutta la lunga lettera che P. Gjon Karrna, il suo successore, cominciò a scrivere il 31.12.1945 e inviò al Vicario Generale della Compagnia. È chiaro che nell’intera lettera serpeggia un comprensibile risentimento in quanto il P. Karrna, praticamente era stato deposto e sostituito da un altro gesuita albanese, il Beato P. Danjel Dajani che, insieme a P. Fausti, pagherà lo scotto di quanto era accaduto all’interno e all’intorno della presenza gesuita a Scutari. Per P. Gjon Karrna, vedere in appendice: Personaggi. 
  24. P. GIOVANNI FAUSTI: Diario S. Spirituali Esercizi 1936 – 20 marzo mese di esercizi del 30 anno. Terza Settimana. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  25. Fino al 1870 fu il governo francese a sovvenzionare le attività cattoliche in Albania. Dal 1870 al 1918 fu l’impero austro-ungarico. D’allora in poi toccò al governo italiano, fino alla caduta del fascismo nel 1943.
  26. P. GJON KARMA S.I.: Lettera al VIcario Generale del 31.12.1945. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP. La lettera, scritta da Tirana, porta la data del 31.12.1945, giorno in cui erano stati arrestati P. Fausti e P. Dajani. Forse l’ha iniziata a scrivere in serata, contemporaneamente al momento dell’arresto. Anche se scrive: “Disgraziatamente oggi stesso [31 dicembre] leggiamo nel giornale che P. Fausti e P. Dajani sono stati arrestati”. Veramente il giornale “Bashkimi” ne avrà parlato il giorno seguente; cioè il IO gennaio 1946.
  27. P. Fausti, scrivendo al suo P. Provinciale a Padova, tra l’altro dice: “Secondo le facoltà concessami, chiesto il consiglio del Delegato Apostolico e dei Vescovi riuniti per la Madonna del Buon Consiglio, ho nominato Rettore il P Karma e mi trovo a Tirana a disposizione, in attesa degli eventi. Non avendo altro da fare, studio” (Lettera al P. Provinciale del 30.10.1943). Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  28. P. LUIGI ROSA S.I., o. c., p. 132.
  29. MONS LEONE G. B. NIGRlS: Cenni sulle vicende dell’Albania dal 1938 al 1944  (dattiloscritto), pp. 163-164. A p. 168, che riguarda il mese di dicembre del 1944, nello stesso testo, porta l’episodio con più particolari: “A Tirana mi si presentò pietoso lo spettacolo di alcune vie causa le distruzioni perpetrate dai tedeschi, ma pietosissimo fu il racconto delle atrocità commesse. Ne ricordo una sola: lo scempio fatto da un sottufficiale delle SS, che minacciò 3 Padri nella residenza dei Gesuiti, uccise 2 persone nel cortile, ne freddò 6 e ne ferì 4, fra queste il P Giovanni Fausti, nella sacrestia, terrorizzando 150 persone rifugiate nella Chiesa … “. Archivio della Vice Postulazione. ACASP. Per Mons. Leone G. B. Nigris, vedere in appendice: Personaggi. 
  30. P. GIOVANNI FAUSTI: Relazione intorno allo stato attuale dei cattolici in Albania del 12.02.1945. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  31. PJETER PEPA: Pagine sulla dittatura Il volto dei martiri albanesi. Ed Insieme- Rindertimi. Terlizzi (Baj-Avezzano (AQ) 1998, p. 162.
  32. P. GIOVANNI FAUSTI: Relazione, o. c., 
  33. “Il record delle perquisizioni jù riservato ai Gesuiti con 16 perquisizioni: la sedicesima durò 7 ore e venne fatta da oltre 500 uomini, mentre altri bloccavano le vie adiacenti” (MONS. LEONE G.B. NIGRIS: Lettera alla Segreteria di Stato del 03.04.1945). Cartella: Corrispondenza di Mons. Leone G. B. Nigris. ACASP.
  34. P. GIOVANNI FAUSTI: Lettera al Vicario Generale del 12.02.1945. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  35. P. GIOVANNI FAUSTI: De conditione Italorum in Albania del 13.02.1945 (in latino). Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP. La Relazione di cui qui si fa riferimento è quella citata avanti. Per Enver Hoxha, vedere in appendice: Personaggi. 
  36. Idem, Relazione, o. c., pp. 1-3.6.9.
  37. P. GIOVANNI FAUSTI: Lettera al Vicario Generale del 23.03.1945. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  38. P. NORBERTO DE BOYNES: Relazione intorno alla Missione di Albania dal giugno 1944 al maggio 1945 del 18.05.1945. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni fausti. ACASP.
  39. P. GIOVANNI FAUSTI: Lettera al Vicario Generale del 01.05.1945. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  40. Idem, Lettera al Vicario Generale databile tra 1’8 e il 20.05.1945. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  41. P. LUIGI ROSA S.l., o. c., pp. 29-30. Per P. Luigi Rosa, vedere in appendice: Personaggi. 
  42. P. MIKEL TROSHANI: Lettera al Vicario Generale del 16.05.1945. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  43. P. GIOVANNI FAUSTI: Lettera al Vicario Generale databile tra l’8 e il 20.05.1945. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  44. P. GIOVANNI FAUSTI: Lettera al Vicario Generale del 20.05.1945. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  45. P. PEPA, o. c., p. 47.
  46. P. LUIGI ROSA S.l., o. c., p. 130.
  47. P. GIOVANNI FAUSTI: Lettera al Vicario Generale del 16.12.1942. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti, ACASP.
  48. MONS. FRANO ILLIA: Kisha katolike ne Shqipèri Gjendafetare e kishès katolike para, gjatè e mbas salvimit. Articolo. Numero speciale di Notiziario dell’ Antoniano. Bologna. Anno XXXII – 1994, n. 4, pp. 5-8. Per Mons. Frano Illia, vedere in appendice: Personaggi. 
  49. P. GIUSEPPE VALENTINI S.I.: I veri motivi della persecuzione religiosa in Albania, in: P. ARMANDO GUIDETTI S.1. (a cura): Gesuiti in Albania: apostolato, cultura e martirio. San Fedele Edizioni. Milano 1996, p. 79.
  50. P. LUIGI ROSA S.l., o. c., p. 31. Per P. Giacomo Gardin, vedere in appendice: Personaggi. 
  51. P. GIOVANNI FAUSTI: Lettera al Vicario Generale del 29.08.1945. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP. Purtroppo nel processo, che si terrà nel mese di agosto presso il cinema Rozafat, condannerà P. Gardin a 6 anni di reclusione e di lavori forzati e P. Vata a 18 mesi. Cfr. P. LUIGI ROSA S.I., o. c., p. 36.
  52. GIACOMO GARDIN: Dieci anni di prigionia in Albania (1945-1955). La Civiltà Cattolica. Roma 1986, p. 22. P. Gardin verrà condannato a 6 anni di lavori forzati, ma, senza ulteriori accuse, processi e condanne, ne farà 10, e P. Vata a 18 mesi. Riguardo la detenzione di P. Gardin è interessante quanto egli stesso ha scritto e pubblicato nell’accennato libro. Per P. Giacomo Gardin, vedere in appendice: Personaggi. 
  53. NN.: Lettera di un testimone oculare al processo di P Fausti del 08.10.1946. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti.
  54. P. LUIGI ROSA S.I., o. c., pp. 31-32.
  55. Idem, pp. 37-38. In merito all’espulsione, che comunque avvenne, nota Pjetèr Pepa: “Poche settimane dopo l’arresto di Fausti e Dajani, il 20 gennaio 1946, il governo ordina l’espulsione di tutti i missionari stranieri. Sono andati via più di 200 missionari che avevano trascorso la maggior parte della propria vita al servizio del popolo albanese, e fra loro 25 gesuiti, alcuni dei quali avevano insegnato per più di quarant’anni in Albania: Il giorno della partenza sono stati accompagnati verso il luogo del congedo da una massa di cittadini di Scutari, ex allievi e loro estimatori, in numero tanto rilevante che la polizia non riusciva a disperderli. Con le lacrime agli occhi, Fratel Bertoloti, insegnante anch’egli, si è rivolto alla gente per tranquillizzarla: «Non è il popolo albanese che ci caccia: lo dimostra la vostra presenza in questo luogo»” (o. c., p. 46). Per la cronaca esauriente ed esatta di questo “espatrio” cfr. P.’LUIGI ROSA S.I., o. c., pp. 48-49.
  56. P. LUIGI ROSA S.I., o. c., pp. 38-39.
  57. Volontari serbi riuniti in piccole bande per azioni di guerriglia.
  58. P. LUIGI ROSA S.I., o. c., p. 39.
  59. Idem, p. 133, fa una supposizione da non scartare: “Ad un seminarista fu recapitato un manifestino anticomunista, perché se ne facesse propaganda in precedenza alle elezioni politiche [02.12.1945]; e si sospetta che sia stato di provenienza comunista, appunto per tendere la trappola”. 
  60. Idem, p. 126, precisa: “Il proclama di Berat, emanato durante l’occupazione tedesca [1943-1944] ed affisso sui muri di tutte le città dopo la liberazione, assicurava tutte le libertà. Invece tutte le libertà sono conculcate”. La prima edizione diceva: “Tutte le libertà furono negate e considerate reato dal regime” (o. c., p. 1).
  61. Cfr. Idem, pp. 39-40.
  62. Tra questi giovanissimi attivisti il 27.11.1945 furono arrestati anche Gjovalin Zezaj e Luigi Kçira, quest’ultimo in seguito diventerà sacerdote: Essendo stati in carcere insieme a P. Giovanni Fausti e P. Danjel Dajani, di questi trasmetteranno i ricordi. Per Gjovalin Zezaj e Luigi Kçira, vedere in appendice: Personaggi. 
  63. P. LUIGI ROSA S.I, o. c., p. 40.
  64. Idem, p. 41.
  65. Ibidem.
  66. Idem, pp. 42-43.
  67. Idem, pp. 43-44.
  68. Idem, p. 44.
  69. Ibidem.
  70. In totale i seminaristi arrestati furono sei. Il Beato Mark Cuni fu arrestato il 07.12.1945, Gjon Shllaku il 09.12.1945 e gli altri quattro 1’1l.l2.1945: Gjergj Bici, Ndoc Vata e Preng Lezaj di 2a di Teologia, Pjeter Gjoka di 1a Liceo. Cfr. Idem, p. 45.
  71. 72.Ibidem.
  72. Dopo il 12 dicembre 1945, P. Rosa riporta: “Un medico (dott. Koliqi) rivela in assoluto segreto ai Nostri [Padri Gesuiti] che è stato chiamato d’urgenza alle carceri, per operare di un ascesso al braccio un chierico, che non è riuscito a conoscere perché ha il volto deformato dalle percosse. L’ascesso stesso era provocato dalle torture” (p. 45).
  73. Idem, p. 46.
  74. Ibidem.
  75. NN.: Lettera di un testimone, o. c.
  76. P. LUIGI ROSA S.I., o. c., p. 46. Pjetér Pepa porta la seguente versione dell’arresto: “Il 31 dicembre del ’45, dopo il canto del “Te Deum”. sono stati arrestati Padre Fausti e Padre Dajani: è cominciata la loro “Via Crucis”, quella della missione gesuita e della Chiesa cattolica in Albania”. E aggiunge: “In questo cammino non potevano mancare i gesuiti e i francescani, autentici testimoni dei valori cristiani, pionieri della promozione culturale, maestri di letteratura e di amore per la patria, educatori secondo i valori della vita e del Vangelo” (o. c., p. 43).
  77. P. LUIGI ROSA S.I., o. c., pp. 46-47. L’OSSERVATORE ROMANO, ben informato, in prima pagina, nell’asterisco Voci ed echi il 16.01.1946, a pochi giorni cioè dall’arresto dei due Padri gesuiti, parla della situazione volutamente caotica venutasi a creare in Albania. “Negli ultimi giorni di dicembre era stata segnalata nel Seminario di Scutari l’attività clandestina di alcuni chierici contro l’attuale regime, per cui essi vennero subito arrestati. Messo poi qualcuno di loro alla tortura per strappargli delle confessioni compromettenti, i torturati attestarono concordi l’innocenza dei Superiori e la loro assoluta inconsapevolezza del fatto. Nonostante la comune testimonianza vennero egualmente arrestati il P Giovanni Fausti Viceprovinciale e P Daniele Dajani Rettore del Collegio di Scutari sotto l’imputazione di aver svolto una attività contraria al bene della nazione, di essere stati in stretta relazione con fuorusciti albanesi e di aver eccitato delle turbolenze con la speranza di provocare così qualche intervento straniero: organizzatori, insomma, e dirigenti nientemeno dell’organizzazione terroristica fascista «Unione Albanese» “.
  78. P. LUIGI ROSA S.I., o. c., p. 47.
  79. P. LUCIANO CALDIROLl: Lettera al P Provinciale del 07.01.1946. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP. Il P. Caldiroli, stando a Roma, fu in stretto contatto con Mons. Leone G. B. Nigris, Delegato Apostolico in Albania, ma costretto a non mettere più piede in quella terra, da cui riceveva notizie che comunicava una dietro l’altra al suo Superiore Provinciale, che risiede a Padova. Cfr. Lettere dell’11.01.1946, 25.02.1946, 28.02.1946, 03.03.1946, 15.03.1946, 17.03.1946, ecc.
  80. MONS. FRANO GJINI: Lettera al Prefetto di Propaganda Fide del 09.01.1946. Cartella: Corrispondenza di Mons. Frano Gjini. ACASP.
  81. Gli interrogatori, in fase di istruttoria, furono presieduti dal Capitano II Fadil Kapisyzi, dal Segretario Haki Alija con l’immancabile presenza del procuratore Capitano Aranit Çela, Per Aranit Çela, vedere in appendice: Personaggi. 
  82. P. GIOVANNI FAUSTI: Diario 28.10.1920-20.03.1921. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  83. SENZA FIRMA: Persecuzione religiosa in Albania del 22.01.1946 (dattiloscritto). Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  84. P. LUIGI ROSA S.I., o. c., p. 33.
  85. Racconto che P. Zef Pllumi ha pubblicato in sintesi in: Vivi solo per testimoniare. Trad. Keda Kaceli. Buongiorno Italia Editore. 2015. Per P. Zef Pllumi, vedere in appendice: Personaggi. 
  86. P. LUCIANO CALDIROLI: Lettera al P Provinciale del 28.03.1946. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  87. NN.: Lettera di un testimone oculare al processo di P Fausti del 08.10.1946. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  88. Verbale dell’Istruttoria del 16.01.1946. Cartella: P. Giovanni Fausti. ACASP.
  89. Verbale dell’Istruttoria del 24.01.1946.
  90. Verbale dell ‘Istruttoria del 28.01.1946.
  91. Verbale del Processo del 14.02.1946.
  92. Comunicato della Segreteria di Stato di Sua Santità a Mons. Giuseppe Stanghetti del 24.06.1946. Non meno attivo a riguardo furono Mons. Leone G. B. Nigris e altri. Cfr. P. LUCIANO CALDIROLI: Lettera al P Provinciale del 28.02.1946. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  93. In data 16.02.1946 la S. Sede coinvolse l’Ufficio Centrale Mediterraneo del Ministro Britannico, preposto all’ufficio per Stranieri, allora con sede a Caserta, perché intervenisse in favore dei Padri Gesuiti e degli altri, che correvano il rischio di essere condannati a morte. Il 23.02.1946 detto Ufficio rispose dicendo: “In vista dell’atteggiamento estremamente di non collaborazione, che il Governo Albanese ha adottato … , temo molto che si faccia più male che bene, se la Missione Militare Britannica fosse incaricata d’intervenire, anche in modo non formale, in favore di Padre Fausti. lo comunque sarei molto riconoscente per le vostre indicazioni in merito”. Alla vigilia dell’esecuzione capitale, il 01.03.1946, l’addetto a tale Ufficio, ad ulteriori sollecitazioni da parte della S. Sede, rispose: “In ogni caso il Governo di Sua Maestà non avrebbe, «locus standi», modi di intervenire in queste situazioni, né avrebbe altri mezzi di effettivo intervento. Conseguentemente mi dispiace di non essere preparato ad intervenire in questa situazione” (Rapporto inglese). Cartella: P. Giovanni Fausti. ACASP.
  94. “Che i compagni di classe consideravano matto e immorale” (P. PEPA, o. c., p. 170).
  95. Verbale del Processo del 09.02.1946. In merito alle vacanze estive, come rimedio alle difficoltà economiche del seminario, già prima dell’avvento del regime comunista cfr. MONS. LEONE G. B. NIGRIS: Lettera a Mons. Frano Gjini del 05.04.1944. Cartella: Corrispondenza di Mons. Frano Gjini. ACASP.
  96. Verbale del Processo dell’ 11.02.1946.
  97. P. GIOVANNI FAUSTI: Lettera al Vicario Generale del 29.08.1945. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  98. Per Don Simon Jubani, vedere in appendice: Personaggi. 
  99. La voce dei Cattolici Albanesi in esilio, periodico, n. 1-2, gennaio-febbraio 1961, p.12.
  100. P. PEPA, o. c., p. 63.
  101. Verbale del Processo del 20.02.1946.
  102. Verbale del Processo del 22.02.1946. Stando alla Approvazione della condanna a morte del 02.03.1946, a firma del Ministro della Guerra e della Difesa, Generale Colonnello Enver Hoxha, la pena capitale del sem. Gjergj Bici viene commutata in ergastolo, e quella del giovane Frano Miraka rinviata soltanto.
  103. Verbale del Processo del 26.02.1946.
  104. Per un approfondimento dell’argomento vedere: GIOVANNI KEMAL KOKONA: Il processo penale da parte del regime comunista in Albania a carico di alcuni Servi di Dio in fama di martirio: Irregolarità dell’iter processuale e loro disposizione al martirio. Venezia 2010. Tesi di laurea. Particolarmente pp. 159-200.
  105. NN.: Lettera di un testimone, o. c.
  106. La voce dei Cattolici Albanesi in esilio. o. c.
  107. Verbale del Processo Richiesta dell’approvazione della condanna del 24.02.1946. Cfr. P. PEPA, o. c., pp. 54-55. Nella seduta procedurale tra i testimoni della difesa fu ascoltato anche Don Luigj Pici, da tempo militante di sinistra, contrariamente a ogni disposizione ecclesiastica, che aveva presentato una dichiarazione in favore di P. Fausti e di P. Dajani. Verbale del Processo del 15.02.1946. Per Don Luigi Pici, vedere in appendice: Personaggi. Lo stesso Beato P. Gjon Shllaku, che sarà martire con lui, testimoniò a suo favore dicendo: “Non è vero che questa organizzazione [Bashkimi Shqiptar] sia stata creata da Padre Fausti e Padre Dajani” (P. PEPA, o. c., p. 62); cfr. Verbale del Processo del 15.02.1946.
  108. NN.: Lettera di un testimone, o. c.
  109. Approvazione della condanna a morte del 02.03.1946.
  110. Cfr. GIACOMO GARDIN, o. c., p. 24.
  111. P. PEPA, o. c., pp. 64-65. Per Don Tom Laca, vedere in appendice: Personaggi. 
  112. NN.: Lettera di un testimone, o. c.
  113. Il Beato Mons. Frano Gjini, verrà arrestato anche lui il 15.11.1946, condannato a morte oltre un anno dopo, il 08.01.1948, e fucilato a 62 anni l’11.03.1948.
  114. Mons. Gaspér Thaçi, già limitato nella salute, se non fu ucciso, morì di crepacuore a 57 anni, poco più di due mesi dopo, il 27.04.1946. Per Mons. Gaspér Thaçi, vedere in appendice: Personaggi.
  115. Risposta al fonogramma e Verbale delle ultime parole del 04.03.1946.
  116. P. GIOVANNI FAUSTI: Diario: 07.04.1922-03.07.1922. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  117. Z. PLLUMI, o. c., p. 82.
  118. P. DANJEL GJEçAJ: Pro vinca Françeskane e Shqipèrisè nèn Komunizmin (dattiloscritto). 1955, p. 5. Cartella: Relazioni Varie. ACASP.
  119. P. LUCIANO CALDIROLI: Lettera al P. Provinciale del 28.02.1946. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  120. P. Luciano Caldiroli: Lettera al P. Provinciale del 15.03.1946. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  121. L’Osservatore Romano: Religiosi fucilati in Albania. 27.03.1946, p. 1.
  122. P. L. ROSA S.I, o. c., p. 136.
  123. MONS. FRANO ILLlA: Testimonianze sui Martiri. Cartella: Mons. Frano Illia. ACASP. Per Mons. Frano IIlia, vedere Appendice: Personaggi. 
  124. P. L. ROSA S.I., o. C., nota 4 a pp.130-131.
  125. La voce dei Cattolici Albanesi in esilio, o. C., p. 13. A P. Giovanni Fausti si è interessato anche PJETER ARBNORI: I nuovi martiri in Albania: 10300 giorni e notti nelle prigioni comuniste. Enti Botues Poligrafik “Gjergj Fishta”. Tirana 2004 p. 20.44. Per Pjeter Arbnori, vedere in appendice: Personaggi. 
  126. PAOLO VI: Messaggio dell’11.04.1971. Cartella: Corrispondenza di P. Giovanni Fausti. ACASP.
  127. Documento del 25.02.1993. Cartella: P. Giovanni Fausti. ACASP.
  128. I giornali italiani che parlarono anche del martirio di P. Giovanni Fausti, tra gli altri sono: VITA NUOVA, rivista di Firenze, il 9 marzo 1946. Articolo: Sotto il terrore di Enver Hoxha (Nuovi martiri dell’Albania). IL POPOLO VENETO il 14 marzo 1946 Articolo: Religiosi italiani fucilati dai comunisti in Albania. L’OSSERVATORE ROMANO il 27 marzo 1946, articolo: Religiosi fucilati in Albania; del 16.05.1946 articolo: La persecuzione contro la Chiesa in Albania del 06.03.1947, articolo: Nel 1° anniversario – Padre Giovanni Fausti. IL QUOTIDIANO di 24 marzo 1946 Articolo: “Criminale con le mani legate”. L’AVVENIRE D’ITALIA, quotidiane di Bologna, il 1° marzo 1946. Articolo: “La verità della condanna dei gesuiti dal governo albanese”. FIORELLO IGNAZIO CAVALLI: Persecuzione religiose nell’Albania comunista, in La Civiltà Cattolica, 1947/II pp.409-422. GIOVANNl BATTISTA PORTA: Un gesuita nella tormenta! Editrice Ancora. Milano 1948, che fu ripubblicato con alcuni ritocchi a Verona nel 1966. Dalla nota 11 p. 30, di P. LUIGI ROSA S.I., o. c., vengono riportati altri lavori di e sul Beato. P. GIOVANNl FAUSTI: L ‘Islam nella luce del pensiero cattolico. La Civiltà Cattolica. Roma 1933; MONICA FAUSTI: Giovanni Fausti. Centro di Documentazione. Brescia 1998; ARMANDO GUIDETTI: Un precursore del dialogo islamo-cristiano Padre Giovanni Fausti Martire in Albania. La Civiltà Cattolica. Roma 1974; VINCENZO POGGI: Il gesuita Giovanni Fausti secondo la testimonianza di P Giuseppe Valentini, in: La Civiltà Cattolica 199711I pp. 43-52; GIOVANNI SALE: L’Islam e “La Civiltà Cattolica”. Gli articoli del P. Giovanni Fausti, in: La Civiltà Cattolica 2002/IV pp. 117-129. Tra gli altri più recenti: FRANCESCO BOTTA: La storia di un albero grande. Memoria di P Giovanni Fausti martire in Albania. Edito dalla parrocchia di Brozzo (BS) 1999. Il fascicoletto: Padre Giovanni Fausti 1899-1946 in occasione dell’80° dell’ordinazione sacerdotale Roma, 9 luglio 1922. Anno 2002; CLAUDIO CABRAS – FRANCO BRESCIANI: XX Secolo apocalisse del nostro tempo P Giovanni Fausti 1946-2006. Edizione fuori commercio 2005; MARIO IMPERATORI: P Giovanni Fausti SI.: Un illuminato e pionieristico discernimento sull’Islam a partire dall’Albania (Estratto), In: Islamochristiana, rivista di culture del Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica, 34, Roma 2008, p.87-109. Non ultima la tesi di laurea di GIOVANNI KEMAL KOKONA, o. c.