Storia

STORIA DELLA PARROCCHIA DI
SAN MICHELE ARCANGELO

0011 - 1950

Profilo istituzionale: Parrocchia San Michele Arcangelo
(sec. XIII – sec. XX)

 

Nell’Italia settentrionale l’organizzazione della vita ecclesiastica e della cura animarum si configura al di fuori delle città per pievi, raggiungendo un assetto praticamente compiuto tra il VII e il X secolo. Le cosiddette ecclesiae subiectae, inizialmente solo oratori o capelle nel territorio della pieve, a partire dal XII-XIII secolo acquistano una sempre più spiccata autonomia. Le cause dello smembramento della pieve sono molteplici e complesse. La chiesa plebana, dal X secolo denominata anche chiesa matrice rispetto alle altre del suo territorio, conserva la sua fisionomia di chiesa battesimale e di caput decimationis fino al tardo medioevo. Lo studio dello sviluppo dell’istituzione parrocchiale deve pertanto tenere conto del più generale rapporto tra i luoghi di culto e i centri di popolamento, tra la conservazione di stampo gerarchico -istituzionale e l’innovazione di carattere localistico-popolare. Il sorgere della parrocchia rurale va messo anche in rapporto con il costituirsi delle signorie territoriali, laiche ed ecclesiastiche. La parabola evolutiva istituzionale in ambito urbano presenta analogie con quella dell’ambiente rurale. È necessario, tuttavia, non perdere di vista il moltiplicarsi degli edifici di culto di carattere feudale, nobiliare o monastico, con il correlativo risvolto del giuspatronato privato (ius praesentandi, ius collationis, o electionis). Nelle città va ascritta, in linea generale ai secoli XII-XIII, la nuova situazione pastorale in cui la chiesa cattedrale vede venir meno il proprio esclusivo diritto di battezzare, ma il collegamento tra l’avvento della società comunale e il quasi simultaneo sorgere delle realtà istituzionali che vengono riconosciute canonicamente in seguito come parrocchiali (DCA, Parrocchia), non è assodato.

Tra XIV e XV secolo, il processo di enucleazione delle singole comunità, rispetto all’originario centro pievano, e da tempo compiuto in tutte le diocesi lombarde. Le chiese locali compaiono come cappelle, cappellanie curate, rettorie talora già dotate di propri beni, ma è solo con il Concilio tridentino che si entra propriamente nella fase istituzionale parrocchiale. L`opera riformatrice o rifondatrice dei prelati in epoca post-tridentina riconosce e istituzionalizza la situazione di fatto, sulla spinta delle istanze delle comunità locali e dei dettati conciliari. Il parroco diventa, nella periferia della diocesi, il fulcro portante del rinnovamento pastorale. Al parroco, come al vescovo, viene richiesto l’impegno della residenza e di partecipare alle adunanze vicariali e raccomandata la conoscenza del popolo attraverso la compilazione e l’accurata custodia dei libri parrocchiali.

L’aspetto secondario della riforma tridentina è l’accentuazione della valenza territoriale della parrocchia. La caratteristica della territorialità resta in primo piano nella stessa dottrina canonistica sulla parrocchia sino al Codice di diritto canonico del 1917 (CIC 1917, can. 216 § l) e oltre. Si deve attendere il Concilio Ecumenico Vaticano II per trovare un cambiamento nella prospettiva ecclesiologica della parrocchia. Tuttavia, l’istituzione parrocchiale alla sua stessa origine, non si risolve intrinsecamente nel territorio, ma risulta costituita anche da altri elementi essenziali: la popolazione, la chiesa parrocchiale e il parroco. Da un punto di vista costitutivo, l`elemento indispensabile è il popolo dei fedeli, l’individuazione del “populus” viene fatta sulla base dell`elemento territoriale, attraverso il concetto del domicilio.

La parrocchia, che solo con il Codice di diritto canonico del 1983, ha visto riconosciuta la possibilità di vedere sanzionato il proprio profilo istituzionale con il riconoscimento della Personalità giuridica, ha sempre avuto rilievo istituzionale – giuridico, sia pure indirettamente, attraverso gli elementi costitutivi della chiesa, del beneficio parrocchiale e della fabbriceria.

Alla chiesa sono stati riferiti diritti spirituali e temporali e Beni immobili. Il beneficio parrocchiale era infatti costituito dalla rendita dei beni assegnati al sacerdote addetto, come compenso per l’ufficio che egli esercitava. La fabbriceria era la fondazione destinata alla conservazione e manutenzione della chiesa e alle spese di culto.

La costituzione di nuove parrocchie è sempre stata motivata o dalla difficoltà per la popolazione di accedere alla precedente chiesa parrocchiale, o dalla crescita della popolazione. Il Concilio Vaticano II ha confermato la fiducia della Chiesa nel1`istituzione parrocchiale proponendone una lettura nella prospettiva dell’ecclesiologia di comunione (costituzione 4 dicembre 1963, § 42; decreto 28 ottobre 1965, §§ 30-32; decreto 18 novembre 1965, § 10; direttorio 22 febbraio 1973, §§ 174-183).

Il Codice di diritto canonico del 1983 ha segnato una svolta importante con il riconoscimento della personalità giuridica alla parrocchia (CIC 1983, can. 515 §3) espressamente concepita come “Communitas Cristifidelium”, nonché con l’avvio del superamento del sistema beneficiale (CIC 1983, can. 1272-1274). Il nuovo Codice ha tuttavia confermato che possano esistere parrocchie personali (CIC 1983, can. 518) costituite per fedeli di una stessa lingua o di uno stesso rito.

In seguito alla revisione concordataria (legge 20 maggio 1985) e all’entrata in vigore del relativo regolamento di esecuzione (decreto 13 febbraio 1987) il riconoscimento della personalità giuridica agli enti della Chiesa cattolica, che la Costituzione della Repubblica Italiana (costituzione 27 dicembre 1947, art. 7, 8 e 20) e il Concordato del 1929 aveva riconosciuto come enti civili, è stato modificato. La legge 222 del 1985 prevede la riconoscibilità degli “istituti religiosi di diritto diocesano” (art. 8) e delle “società di vita apostolica ed associazioni pubbliche di fedeli” (art. 9) e dispone espressamente (art. 10) la riconoscibilità alle condizioni previste dal codice civile per le associazioni costituite o approvate dall’autorità ecclesiastica che non possano ottenere il riconoscimento della personalità giuridica ai sensi dell’art. 9 della legge.

La medesima legge dispone (art. 29) che “con provvedimento dell’autorità ecclesiastica competente”, vengano “determinate la sede e la denominazione delle diocesi e delle parrocchie”.

Tali enti acquistano la personalità giuridica civile dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro dell’Interno.

Premessa

Al fine di inserire la parrocchia di S. Michele Arcangelo di Brozzo in un contesto normativo e storico-istituzionale si segnalano alcuni passaggi legislativi che hanno contribuito a definire l’ambiente in cui è stata istituita, ha operato e opera la parrocchia.

Brozzo, frazione del comune di Marcheno, è situato nella parte mediana della Valle Trompia, solcato dal fiume Mella.

Secondo lo storico Omobono Piotti “è uno dei paesi più antichi della Valle, fondato dai popoli primitivi venuti dall’oriente2“. Il nome si riscontra anche in Transilvania, in Spagna, in Toscana, in Abruzzo e nel bellunese; variamente indicato “in Bruzie”, “in loco Brozi” “in terratorio Bruzii”, “de Brozio”, “de Bruzio”, “de Brutio”. Altri invece lo fanno derivare dal romano “Brussius”, ma il Du Cange rileva che “Brothium era, anche nell’alto medio evo, una misura di carbone4”.

Nel secolo XVI compare sotto la forma di Brozo o Broz.

È sicuramente noto in epoca romana, come attestano le iscrizioni un tempo incastonate nei muri di casa Trivellini.

Vicinia fin dai tempi dei romani, il paese assume una certa importanza in epoca longobarda in cui nasce il culto di S. Michele. In questo periodo, è probabilmente eretta la prima chiesa che viene posta sotto la diretta giurisdizione della Cattedrale.

Lo storico Omobono Piotti scrive “da diversi manoscritti antichi constarebbe che Brozzo, nell’anno 1472, avesse una popolazione di circa 800 abitanti, per conseguenza, doveva avere, ed effettivamente aveva, anche un numero maggiore di abitazioni, che protendevano nei campi sui quali fu costruita la strada carrozzabile per Lodrino e Valle Sabbia ed appunto nella costruzione della predetta strada, compiuta l’anno 1825, si rinvennero i ruderi delle case abbandonate in seguito a qualche contagio o distrutte da incendio fortuito o provocato da qualche invasione militare5“.

In tempi medievali viene edificato il palazzo Trivellini, che risale al XIII secolo, poi rifatto nel 1482. Il Quattrocento, grazie all’intraprendenza della famiglia Trivellini, vedrà rinascere l`industria del ferro, in seguito sviluppata anche dalle famiglie Fausti e Foresti.

Non incluso nell’estimo visconteo del 1385, Brozzo è citato in quello del 1557; nel 1493 conta 550 anime, mentre nel Catatistico del Da Lezze, del 1610, risulta composto da un centinaio di fuochi (famiglie). Brozzo è sede di un importante forno fusorio, una grossa fucina e altre piccole fucine.

Nel Settecento tale produzione subisce un drastico ridimensionamento, vengono chiuse anche le fucine che fabbricavano chiodi. La crisi economica, le alluvioni del Mella con le conseguenti carestie e il passaggio degli eserciti rendono gravemente precarie le condizioni della popolazione tanto che, nella Descrizione generale del 1764, è registrato un notevole calo demografico con appena 166 anime. Nella primavera del 1797 Brozzo è teatro della battaglia tra soldati francesi e valtrumplini fautori della Repubblica di Venezia: il paese viene messo a ferro e fuoco, vengono incendiate anche la chiesa e la canonica. Sarà il “el bel curadì”, il bel curatino, don G. B. Bossini a raccogliere paramenti e suppellettili sacri e a consegnarli a don Angelo Saleri, parroco di Brozzo per 36 anni, venerato quasi come un santo che, come scrive don Omobono Piotti “ha emulato” la Penitenza del Precursore, la purezza dell’Angelo, lo zelo e la carità dell’Arcangelo Gabriele”.

L’organizzazione istituzionale rimane pressoché inalterata fino alla caduta della Repubblica di Venezia, quando, con l’avvento del regime franco napoleonico, i comuni – come organi di autogoverno locali – vengono aboliti e prevale una politica amministrativa accentratrice: nel giro di pochi anni Brozzo passa dal Cantone del Mella (1797), al Distretto delle Armi (1798), con la legge del 13 maggio 1801 viene inserito nel distretto I di Brescia e infine, sempre nel distretto di Brescia, nel cantone VI di Bovegno, in base alla legge 1805 secondo la quale viene unito a Cesovo con il denominativo Cesovo con Brozzo6.

In conseguenza alla legge del 1802, i comuni vengono distinti in tre classi secondo la consistenza numerica e nel 1805 Brozzo, con i suoi 357 abitanti, viene classificato comune di III classe. Dal 1° gennaio 1810 nel comune denominativo Brozzo vengono concentrati i comuni Cesovo con Brozzo e Lodrino, sei anni più tardi viene incluso nel distretto VII di Bovegno in cui rimane fino al 1853, quando il distretto viene soppresso e Brozzo unito al distretto di Gardone Val Trompia.

In seguito all’unione temporanea delle province lombarde al Regno di Sardegna e in base al compartimento statale stabilito con la legge del 1859 il comune, con i suoi abitanti, viene incluso nel mandamento VIII di Bovegno, circondario I di Brescia e amministrato da un consiglio di 15 membri e una giunta di 2 membri. Alla costituzione nel 1861 del regno d’Italia il comune conta una popolazione di 471 abitanti (Censimento 1861).

Con il 1865, anno di promulgazione della legge sull’ordinamento comunale, cambia la struttura organizzativa del comune: esiste un sindaco, una giunta, un consiglio comunale in cui il sindaco è nel contempo rappresentante del governo locale e ufficiale del Governo in quanto nominati dal prefetto.

Dal 14 marzo 1872, per alcuni anni, il parroco don Ferdinando Cremona apre un piccolo seminarietto ginnasiale dal quale uscirono diversi sacerdoti.

Il costante aumento della popolazione dall’unità d’Italia fino ai giorni nostri testimonia il progressivo rafforzarsi dell’economia locale con l’affrancamento dall’agricoltura piuttosto povera e il consolidarsi dell’artigianato e dell’industria.

Nel 1924 il comune risulta incluso nel circondario di Brescia.

La legge fascista del 1926 introduce una magistratura unica, il podestà, di nomina regia che sostituisce gli organi elettivi (sindaco, giunta, consiglio).

Nel 1927 il comune di Brozzo viene aggregato al comune di Marcheno.

La parrocchia di San Michele Arcangelo di Brozzo

 

0004 del 1920

 

Come già detto, il paese di Brozzo è considerato uno dei paesi più antichi della Valle Trompia e la sua chiesa viene fatta risalire all’epoca dei Longobardi (569-774) popolazione molto devota all’Arcangelo Michele onorato con culti particolari e protettore dell’esercito, a lui vengono dedicati altari nei territori conquistati.

Lo Stile e la Struttura della chiesa sembrano confutare le opinioni citate: con tutta probabilità la chiesa è stata riedificata in epoca più tarda, sempre sulla stessa area.

Don Omobono Piotti avanza l’ipotesi che “la chiesa di S. Michele Arcangelo in Brozzo, sia stata direttamente sottoposta al vescovo, forse per la costituzione di un feudo fatta da qualche Principe Franco e dato poi in dono al Vescovado: quello che con certezza si può affermare è che, o per il precitato motivo, o per la sua antichità, potrebbe gareggiare con le prime Plebanie, godette di un titolo di preminenza come lo confermerebbe la immemorabile consuetudine e che ebbe ed ha l’autorizzazione di ritirare l’Olio Santo direttamente dalla Cattedrale8.

Il fatto che la chiesa abbia assunto una conformazione permanente nel medioevo è confermato da un “Libro dei livelli e dell`estimo dei benefici” del 1400, conservato nell’Archivio Capitolare, dal quale risulta che la chiesa, unita a quella di S. Pietro di Lé, ha un estimo di Lire 69.

Agli inizi del secolo XV, S. Michele non è ancora parrocchia autonoma, mentre la sua “ecclesia”nel 1478 ha un estimo di L. 2010.

È verosimile che l’autonomia parrocchiale venga ottenuta alla metà del secolo XV.

La chiesa parrocchiale viene ricostruita, probabilmente agli inizi del Cinquecento, dal parroco don Paolo Gerbi. Il 18 febbraio 1522 mons. Filippo de Vegio, arcivescovo titolare di Nasso nelle Cicladi, luogotenente ossia ausiliare del vescovo di Brescia Paolo Zane, consacra la chiesa e l’altare (corrispondente a quello maggiore, poi demolito) in onore di S. Michele, includendovi le reliquie di Nazaro e Celso, S. Giustiniano e S. Nicola vescovo e concedendo 40 giorni di “vera” indulgenza ai fedeli che visitano la chiesa. L’atto, rogato dal notaio episcopale Cipriano Savallo, per ordine del vescovo, viene scritto su una pergamena collocata nell’antico altare maggiore, di cui si è persa traccia11

Secondo un’altra ipotesi, basata sull’iscrizione di una lapide posta nel muro del Coro, l’arcivescovo di Milano Ippolito consacra la chiesa nel 168812.

Il catalogo queriniano del 1532 riporta che nell’ambito della quadra della Val Trompia è compreso il beneficio della chiesa parrocchiale di S. Michele “de Brucio”, con valore di 12 ducati, goduto dal rev. Paolo “de Geronis13“.

Nel 1567, oltre all’altare maggiore, ci sono anche quelli laterali della Madonna e di S. Antonio. Il 2 settembre dello stesso anno il vescovo Domenico Bollani, insieme al reverendo Pilati, visita la chiesa e, dopo avere ascoltato la relazione del rettore don Benedetto Bassi, detta le sue disposizioni.

Don Bassi afferma che non esiste alcuna cappellania, ma molti legati da eseguire; esiste la Schola della Beata Maria che non possiede beni stabili, non ci sono altre chiese e neppure chiericati. Le anime sono 300, di cui solo 83 di Comunione (cioè al di sopra dei 13-14 anni). La collazione del beneficio spetta alla Santa Sede o all’Ordinario diocesano. Il rettore insegna il catechismo ai fanciulli, risiede in parrocchia e celebra ogni giorno la messa, se non è “legittimamente impedito”.

Egli tiene il testo dei casi riservati, le costituzioni episcopali, il calendario e i libri necessari ad esercitare la cura delle anime, insieme ai registri dei battezzati e dei matrimoni14.

Monsignor Domenico Bollani constata anche la non esistenza della Scuola del SS. Sacramento e include nelle sue disposizioni la sua istituzione15.

Il 7 aprile 1580 monsignor Vincenzo Antonini, su mandato dell`arcivescovo di Milano, cardinale Carlo Borromeo, visita la chiesa. Il rettore è sempre don Bassi, le anime sono circa 307, di cui 200 da Comunione. Esiste la Schola del SS. Corpo di Cristo (SS. Sacramento) “eretta in tempi antichi”, governata da due officiali, ossia massari, che sono sempre gli stessi da quattro anni. La Schola non gode di redditi e non ha regole proprie; con le offerte e le elemosine vengono acquistate le candele per accompagnare il SS. Sacramento; alcune entrate sono utilizzate dando dei prestiti. Tutti i proventi e le uscite della scuola sono registrati.

Mons. Antonini detta disposizione di cambiare gli officiali ogni anno, di non fare più prestiti e di non affidarli ai privati, tutto deve essere fatto con l’intervento del curato e con l’arbitrio del vescovo. Per la regola della scuola del SS. Sacramento è necessario emanare un ordine secondo la forma prescritta16. Don Bassi, pur essendo figlio di un prete, ha ottenuto la dispensa del “difetto di nascita” ed è giudicato idoneo alla cura delle anime, non ha il chierico addetto alla chiesa, mantiene sempre accesa la lampada davanti al Santissimo a sue spese. Il 14 agosto 1580 Carlo Borromeo visita la chiesa e detta le disposizioni da eseguire circa la costruzione della cappella per gli altari laterali e l’ampliamento dell’altare maggiore. Pare che una sorgente, in una località a nord del paese, sia stata fatta scaturire proprio da S. Carlo per abbeverare la sua comitiva e i cavalli; una cappella in onore di S. Carlo è stata costruita dove zampilla tuttora la fonte.

Nell’ispezione del vescovo Giovanni Dolfini, il 26 giugno 1582, si afferma che “La chiesa è rettoria secolare, la cui collocazione spetta al vescovo o alla Sede Apostolica. È consacrata e rivolta ad oriente, non è a volta, ma tuttavia è assai ben conservata e abbastanza capace di contenere la popolazione del paese; il pavimento è in cemento. Ha una porta dalla parte anteriore ed un’altra sul fianco meridionale ad uso del popolo. Sulla facciata si nota una finestra tonda, al di sopra della porta, priva di inferriata e di vetro, mentre sul lato meridionale ci sono altre due finestre provviste di inferriate e di copertura di tela. Il campanile sorge dalla parte meridionale, unito alla chiesa: la sua porta guarda nella cappella dell’altare maggiore. Un’unica campana pende dal campanile […].

Il cimitero è tutt’attorno alla chiesa. […]. La sagrestia è unita alla chiesa a sud ed ha la porta che entra nella cappella maggiore […]. La canonica è vicina alla chiesa, ma non unita; è abbastanza comoda come abitazione di un solo prete ed in buone condizioni. Il rettore abita lì […]. Il massaro Antonio Fausti, insieme a molti altri, attesta che la Scola del Corpus Domini e della Beata Vergine è una cosa sola presso l’altare della Madonna ed è stata già eretta da 55 anni. Aveva una regola propria che risulta introvabile. I confratelli, d’ambo i sessi sono circa 100, offrono un cero quando si iscrivono e versano ciascuno 6 soldi all’anno. La confraternita predetta non ha indulgenze proprie né quelle comuni. Non ha beni se non le elemosine e qualche lascito che si fa di giorno in giorno: fa celebrare la messa ogni prima domenica del mese dando al sacerdote due soldi. In occasione della morte di un confratello la Scola medesima fa celebrare la messa insieme ai suffragi dei confratelli. I predetti non recano le torce quando si porta il santissimo, ma soltanto ceri accesi e limitatamente ai loro confratelli infermi. La loro confraternita orna l’altare e fa delle elemosine; ogni anno si presentano i conti e si cambiano i reggenti della scola stessa17.

Durante la visita del vescovo Marino Giorgi, il 7 aprile 1606, viene rilevata l’esistenza di una terza Schola dedicata al SS. Rosario e vengono elencate le feste votive dedicate a S. Maria Maddalena, alla Madonna della neve, alla Trasfigurazione del Signore, ai SS. Vito, Modesto e Crescenzia, a S. Cristoforo e S. Defendente, a S. Giuseppe. Nel 1607 si fa per la prima volta un cenno al beneficio parrocchiale18.

Nel 1625 monsignor Gian Maria Crescini (de Crissinis) di Mura, arciprete della menzionata pieve, dona a don Ludovico Crescini, rettore di S. Michele, le reliquie che ha ottenuto a Roma; oltre a queste consegna anche quelle date ai Comuni di Posico e Mura per la pieve di Savallo, affinché siano custodite nella chiesa di S. Michele19.

Molte sono le feste registrate nel 1706, parecchi i legati per il culto. La Dottrina Cristiana è regolarmente frequentata. Legata alla parrocchia, in quell’epoca, è anche l’istruzione dei fanciulli affidata al parroco o al curato.

Durante la visita pastorale del 16 settembre 1735, don Pilotti specifica al vescovo Angelo Maria Quirini, che della Scuola del SS. Sacramento “non si vede documento alcuno, se non la pratica antica, c da libri vecchi d`essa scola l’ellecione annua de’ Regenti e descrizione de’Confratelli”. La scuola del SS. Rosario ha circa 60 scudi d`entrata annua, che spende per mantenere un cappellano per disposizione testamentaria del defunto Pietro Trivilini e circa 30 scudi all’anno per disposizione del defunto Paolo Fausti20.

Il 29 ottobre 1752 viene eretta per decreto la via Crucis.

Nel 1753 e presente una piccola Congregazione della carità composta da piccoli legati che danno la rendita annua di lire 50, ha come scopo una dispensa di sale da fare indistintamente a tutti gli abitanti di Brozzo il giorno di S. Martino21.

ln relazione alla richiesta del vescovo Giovanni Molin, nel 1756, i parroci stendono un ragguaglio circa gli edifici sacri, le confraternite, la condizione sociale della popolazione e l`istruzione pubblica. Don Faustino Bocca scrive. “La chiesa di “S. Michele è di una sola navata con cinque altari. Il Maggiore consacrato al medesimo S. Michele con sua pala e cornice indorata. L’altar della B.ma Vergine del S.mo Rosario, qual serve anche alla scola de[l] Corpus Domini per la povertà del paese. L’altar della S.ma Trinità detto di S. Antonio. L’altar di S. Luigi Gonzaga, l’altar di S. Giuseppe, quali due son stati aggionti nel restaurar la chiesa circa l’anno mille settecentoquaranta. La consacrazione della chiesa si celebra il giorno di S. Mattia Apostolo per memoria antica incisa in pietra. Non si ritrovò alcun documento autentico dell’erezion di questa chiesa, né di scole, né dotation di altari per la sua antichità”. Dopo la descrizione delle confraternite, del Beneficio e degli arredi sacri e il ragguaglio sulle professioni, don Bocca elenca tutte le famiglie abitanti al di là del ponte Mella collocando accanto ai nomi una C per indicare chi si è comunicato. Le anime sono 180, di cui 130 circa in Comunione, nessun inconfesso, né malvivente pubblico; c’e anche “un’obstetrice seu alevatrice”, pratica nell’amministrare il battesimo in caso di necessità22.

Nel 1758 troviamo il primo cenno alla Fabbriceria parrocchiale23.

Con atto notarile rogato dal notaio Gian Pietro Fausti don Faustino Bocca, rettore di Brozzo, offre un capitale di L. 14.000 piccole per l’iscudi da assegnare per l`erigendo Monte della biada a beneficio della popolazione, ma la comunità decide di impiegare il capitale a favore dell’erezione della Confraternita del SS. Sacramento affidandone il compito a don Bartolomeo Trivellini, il 30 novembre 1757 questo incarico passa al console Francesco Fausti24.

I registri della Confraternita della Dottrina cristiana e di coloro che si sono accostati alla comunione coprono un arco di tempo che comprende gli anni 1760-1997, a dimostrazione dell’enorme importanza della Confraternita nella parrocchia25.

Nel 1796 le truppe del generale Napoleone Bonaparte irrompono sul fronte italiano per combattere contro l’impero austriaco. Il rapporto fra la Rivoluzione e la Chiesa aveva avuto un preciso momento di svolta il 12 luglio 1790 quando era stata approvata la Costituzione civile del clero che comportava una profonda ristrutturazione della Chiesa con l’attribuzione ai fedeli della scelta di vescovi e parroci, soggetti all’obb1igo del giuramento di fedeltà alla Costituzione.

L’istruzione pubblica viene tuttavia, il più delle volte, ancora affidata ai sacerdoti locali. Al parroco viene riconosciuto un ruolo sociale e civile, sottoposto più alle norme governative che all’ordinamento ecclesiastico: il governo deve infatti approvare la nomina dei parroci prime che essi possano godere del beneficio parrocchiale.

Per motivi igienici, gli usuali luoghi di sepoltura, tradizionalmente nelle vicinanze della chiesa, vengono proibiti e viene ingiunta la costruzione di un cimitero, il cimitero di Brozzo viene progettato nel 1809.

Nel 1811 il governo Napoleonico decide di sopprimere tutte le Confraternite ad eccezione di quella del Santissimo Sacramento e colpisce duramente gli ordini monastici sopprimendoli e confiscandone i beni.

Come già detto, nel 1797 Brozzo viene incendiato e saccheggiato dai soldati francesi, dal saccheggio “non viene risparmiata la chiesa, con il suo archivio dalla quale asportarono diversi arredi sacri d’argento e certo avrebbero fatto di peggio se un Parroco, D. Angelo Saleri e con preghiere e con lacrime e più che tutto con il suo aspetto di Santo, non avesse frenate ed impietosite quelle belve feroci, quei novelli Baldassarri26”.

scansione0016Don Angelo Saleri, venerato come santo, tiene la parrocchia per 36 anni, abbellisce e orna la chiesa “già sì elegante nella sua semplice e ben ordinata architettura saccheggiata dalle truppe francesi nel 1797″, come scrive Don Ferdinando Cremona, parroco di Brozzo dal 1872 al 1885, nelle sue Rimembranze della vita del sacerdote Angelo Saleri, dedicate a don Luigi Fausti, sindaco di Brozzo.

Don Luigi Fausti, patriota, maestro e cappellano partecipa con entusiasmo alla lotta per l”indipendenza d’Italia e con un manipolo di 60 triumplini armati di fucile e pistole corre a Brescia, vegliando per due notti consecutive sugli spalti di Torrelunga, mentre gli austriaci sono accampati a 2 km dalla città. Si unisce poi alla legione di Luciano Manara; ritorna a Brozzo nel 1863 dove viene eletto sindaco fra il plauso universale, carica che tiene ininterrottamente fino alla morte il 4 febbraio 189027. Nel 1913 viene eretto, nel cimitero di Brozzo, un monumento al venerabile don Angelo Saleri, il parroco don Giacomo Zanola paga il saldo deilavori a Santo Bona28.

Il 17 gennaio 1884 viene eretta la Pia Società o Congregazione Figlie di Maria Immacolata “A difender il sesso più nobile dagli allettamenti e dai pericoli del secolo29”.

Un “Libro del cassiere della Società operaia cattolica di mutuo soccorso”, datato 1885-1887 dimostra la presenza della Società nel comune di Brozzo30.

Il 21 marzo 1908 viene inoltrata la richiesta per l’erezione dell’Aggregazione delle Madri Cristiane31.

“Il giorno 13 agosto 1955 hanno inizio i lavori di restauro della navata, del battistero nuovo, della facciata e di tutto l’esterno della chiesa”, terminano il 7 dicembre, le feste per l’inaugurazione dureranno quattro giorni32.

Nel 1962 viene acquistata dal Beneficio parrocchiale una porzione di terreno da adibire a campo sportivo33.

ll parroco don Severino Belletti inizierà, nel 1963, la costruzione dell’oratorio34.

Don Martino Bonetti, nel 1975, prende possesso della parrocchia di S. Michele in Brozzo, nel mese di luglio 1977 trasporta tutti i libri e i documenti, che giacevano alla rinfusa in solaio, in una stanza più sicura al piano terreno della vecchia canonica, li raccoglie in diversi faldoni facendone una sommaria cernita secondo i vari titoli, nel 1978 inizia a redigere il vero e proprio inventario. Don Bonetti cataloga inoltre l’eccezionale patrimonio librario appartenente alla parrocchia: circa 220 volumi, datati a partire dl XVI secolo. In biblioteca è anche conservato un interessante manoscritto scolastico, degli anni 1811-1813, di don Faustino Zaiba su appunti di filosofia, metafisica, etica e fisica dettati dal professor Francesco Riccobelli di Bione.

S. Michele Arcangelo di Brozzo costituisce una parrocchia autonoma nella vicaria di Gardone V.T. e nella XV zona (Bassa Valle Trompia).

Note:

1 . lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/200006

2 O- Piotti. ll Comune di Brozzo e la sua Parrocchia, in Cronache Triumpline, vol. II, Brescia, 1913, p. 5.

3 A- Fappani, Enciclopedia bresciana, vol. I, Brescia, l9?4.

4 C- Sabatti, Brozzo nella storia dell’arte, Industrie grafiche bresciane, 1995.

5 O. Piotti, Brozzo, p,]6

6 A. Fappani, Enciclopedia bresciana, vol. I, Brescia, 1974; C. Sabatti, Brozzo nella storia dell’arte, Industrie grafiche bresciano, 1995, p.54; O. Piotti, Brozzo, p.48¬49

7 Opinione supportata da Gabriele Rosa nei suoi studi Storie bresciane pag. 11 e da mons. Paolo Guerrini in Brixia Sacra, anno II, n. 5, settembre-ottobre 1912 pag. 253, da O. Piotti, in Brozzo e la sua Parrocchia, O. Piotti, Tipolitografia Flli Geroldi, Brescia, 1913, pp.28-29.

8 S O. Piotti, Il Comune di Brozzo e la sua Parrocchia, in Cronache Triumpline, vol. II, Brescia, 1913, p. 28.

9 O. Piotti, Il Comune di Brozzo e la sua Parrocchia, in Cronache Triumpline, vol. ll, Brescia, 1913, p. 29.

10 A S. B. Archivio territoriale Ex-Veneto, b. 297: “Estimo delle decime di tutto il clero bres. ff. 12v,-l3r. C. Sabatti, Brozzo nella storia del’arte, industrie Grafiche Bresciane 1995, p.12.

11 O. Piotti , Le chiese consacrate di Vai Trompia, in Brixia Sacra, anno V1, Brescia 1915, pp. 214-215 e nota 2, p. 2l4.

12 O. Piotti, il Comune di Brozzo e la sita Parrocchia, in Cronache Triumpline, vol. II, Brescia, 1913, p. 29.

13 P. Guerrini, Per la storia dell’organizzazione ecclesiastica della diocesi di Brescia nei Medio-evo, in Brixia Sacra, a. XVI, Pavia, 1925, p.46. C. Sabatti, Brozzo nella storia dell’arte, Industrie grafiche bresciana, 1995, pag. 1?.

14 A.V.B., Visite pastorali, vol. 7, ff. 31v, – 33r. e vol. 6, ff. ll2r. e ll2v. – C. Sabatti, Brozzo nella storia dell’arte, Industrie grafiche bresciane, 1995, pag. 17.

15 Le confraternite, nate come gruppi di persone per la maggior parte laiche associate e riunite secondo regole precise per condurre vita religiosa in comune, sorgono nell’alto medioevo da moti anche spontaneisti di rinnovamento ecclesiale. Nel codice di diritto canonico antico venivano definite come “associazioni di fedeli erette ad incremento del culto pubblico”.

Nel corso del Cinquecento, a seguito delle spinte riformiste poste in atto dalla Chiesa, conoscono una nuova fase di espansione: i vescovi provvedono perché si diffondano capillarmente in tutte le parrocchie, diventando così uno strumento agile ed articolato di mobilitazione e di controllo di larghe masse di fedeli. In questo modo, perdono quegli Spazi di autonomia ed iniziativa laicale che le aveva contraddistinte e vengono sottoposte ad un processo di “normalizzazione” _

Chiamate in Lombardia e in area veneta anche “scuole”, si diffondono a tal punto che, alla fine del secolo XVI, ogni parrocchia in Italia possiede almeno una confraternita. Esse si differenziano a seconda delle finalità per cui si sono formate: una delle più diffuse era quella del SS. Sacramento o del Corpo di Cristo – come viene più spesso nominata dal Cinquecento in poi – sorta per incoraggiare la pratica della comunione e diffondere la devozione ai sacramenti.

I confratelli si assumono il compito di curare l’altare del Santissimo con fornitura di olio e cera, curare e custodire il Santissimo. accompagnare i moribondi, partecipare alle processioni mensili e a quella annuale del Corpus Domini, coordinare l’attività caritativa della parrocchia e soprattutto adempiere all’obbligo della comunione frequente.

Oltre alla Confraternita del SS. Sacramento c`è la scuola del SS. Rosario, diffusasi in seguito alla rinnovata devozione Mariana del Cinquecento e soprattutto dopo la battaglia di Lepanto: la vittoria sui turchi viene riconosciuta da Pio V come grazia della Vergine Maria invocata nella pratica del rosario.

Un’altra confraternita che conosce un largo sviluppo, soprattutto dopo il Concilio di Trento, è quella della Dottrina Cristiana che ha come finalità precipua la diffusione dei primi rudimenti di educazione cristiana in forma catechetica.

Abbastanza ricorrente. per quasi tutte le confraternite, l’impegno nell’attività assistenziale, settore in cui svolgono un’azione vicariante e concorrenziale nei confronti delle istituzioni pubbliche e di quelle ecclesiastiche: dalla distribuzione di cibo e indumenti alla gestione di ospizi, ospedali, orfanotrofi, monti di pietà, monti frumentari. Se per un verso le Confraternite sono un elemento non trascurabile di coesione del tessuto sociale, per altro hanno un ruolo nell’educazione alla convivenza civile, al rispetto delle regole, all’osservazione delle norme di una convivenza ‘democratica’.

Per quanto riguarda la Lombardia, l’attività delle confraternite si sviluppa con caratteristiche analoghe fino agli inizi dell’Ottocento quando con la Repubblica Cisalpina, i beni delle confraternite vengono incamerati dallo Stato: private della fonte principale di reddito (affitto degli immobili ricevuti in donazione) perdono una delle principali ragioni di sussistenza.

I compiti di beneficenza e assistenza passano alle istituzioni civili mentre l’amministrazione delle chiese, la cura degli edifici di culto e degli altari passa alle fabbricerie.

16 A.V.B., Visite pastorali, vol. SM, ff. 1035v-1036 r – C. Sabatti, Brozzo nella storia dell’arte, Industrie grafiche bresciane, 1995. pag. 23.

17 H A.V.B., Visite pastorali, vol. SIT, fase. 3, n. XII.~ C. Sabatti, Brozzo nella storia dell’arte, Industrie grafiche bresciane, 1995, pag. 24.

18 Il beneficio nasce nelle prime fasi della cristianizzazione quando il vescovo distribuiva le offerte dei fedeli ai poveri, alle chiese e al clero. La dote del beneficio era costituita da beni mobili o immobili, come campi, vigneti, boschi, pascoli, case oppure da titoli del debito pubblico o titoli di stato; da prestazioni da parte di famiglie o persone morali; da offerte dei fedeli; dai diritti di stola pagati a chi compiva l`ufficio ecclesiastico. Il beneficio parrocchiale era un beneficio curato, in quanto aveva annessa la cura d’anime. Un particolare beneficio era quello preceduto dalla presentazione del candidato da parte di un patrono, detto perciò beneficio di giuspatronato. Il giuspatronato era (CIC 1917, can. 1448) un complesso di privilegi e di oneri che spettavano ai cattolici fondatori di una chiesa o di un beneficio, o a chi ne aveva acquisito il diritto, Solo con il Concordato del 1929 (art. 25) lo stato italiano rinuncio alle prerogativa sovrana del regio patronato sui benefici maggiori e minori, che gradualmente decaddero. Con la legge 15 agosto 1867 n. 3848 fu disconosciuta la personalità giuridica di molti benefici, ma furono pienamente riconosciuti dallo stato i benefici parrocchiali cui era annesso l’onere permanente della cura d’anime. Nell’Italia post-unitaria i benefici in cura d’anime di nuova erezione potevano ottenere il riconoscimento giuridico con il quale lo stato si riservava il diritto esclusivo al riconoscimento dei corpi morali. La procedura per ottenere il decreto di riconoscimento agli effetti civili dal Ministero degli interni, prevedeva che la domanda venisse indirizzata dal rappresentante dell’istituto ecclesiastico canonicamente eretto, corredata del provvedimento canonico di erezione e dei documenti atti a dimostrare la necessità o l’evidente utilità dell’ente e la sufficienza dei mezzi per il raggiungimento dei propri fini.

L’istituto del beneficio ecclesiastico, anche dopo il Concilio Vaticano II, ha costituito il principale strumento tecnico per procurare il sostentamento del clero. Il Concilio si è occupato del beneficio nel decreto “Presbyterorum Ordinis” (decreto 7 dicembre 1965, §. 20), giungendo alla conclusione che il sistema beneficiale doveva “essere abbandonato, o almeno riformato a fondo”. Il Codice di diritto canonico del 1983 ha successivamente soppresso il sistema dei benefici le cui dotazioni sono state assorbite dall’istituto diocesano per il sostentamento del clero (CIC 1983, can. IZT2 § 1).

19 A.V.B., visite pastorali, vol. 17, ff. 29-32 – C. Sabatti, Brozzo nella storia dell’arte, Industrie grafiche bresciane, 1995, pag. 29.

20 Archivio storico della Parrocchia di S. Michele Arcangelo di Brozzo. categoria II A, classe 1 Vescovo, Visite pastorali, busta 9, fasc. 12, 1735 – C. Sabatti, Brozzo nella storia dell’arte, Industrie grafiche bresciane, 1995, pag. 42.

21 O. Piotti, Il Comune di Brozzo e la sua Parrocchia, in Cronache Triumpline, vol. ll, Brescia, 1913, p. 16

22 Archivio storico della Parrocchia di S. Michele Arcangelo di Brozzo, categoria I Anagrafe, classe 5 Status animarum, busta 3 fasc. 1, 1756.

23 Col termine fabbriceria viene designata sia la fabrica ecclesiae, cioè la massa patrimoniale destinata alla manutenzione e all’ufficiatura dell’edificio di culto, sia il consilium fabricae, cioè il consiglio preposto all’amministrazione di tali beni. Riconosciuta dal diritto canonico quale organo amministrativo della chiesa, la Fabbriceria poteva essere composta, sotto la presidenza del rettore della chiesa o di un suo delegato, tanto da elementi laici che ecclesiastici nominati dall’Ordinario: i laici dovevano limitarsi al ruolo amministrativo e non potevano ingerirsi nel ministero spirituale. Disciplinata dalla Chiesa per la prima volta nel Concilio di Trento, viene regolamentata anche dall’autorità civile nel periodo franco-napoleonico (Decreto 1807), successivamente dal Regio Governo (Disposizione governativa 1825, Decreti governativi 1826, 1833, Regio decreto 1850, Decreto del Governo Lombardo 1852) e dallo Stato italiano (Disposizioni ministeriali 1862, 1865, 1867, 1870 Legge 1864, Legge 1870) e infine dal Concordato fra Stato e Chiesa del 1929; quest`ultimo documento dispone che i fabbricieri siano nominati dal prefetto della Provincia, lo Stato esercita il compito di vigilanza e tutela sulle fabbricerie, anche dal punto di vista contabile. Frequentemente si trovano, come fondi aggregati presso gli archivi dei Comuni, frammenti di documentazione delle Fabbricerie che, per vicende varie, vi sono rimaste; dopo averli ordinati e inventariati si procede comunque alla loro segnalazione.

24 Archivio storico della Parrocchia di S. Michele Arcangelo di Brozzo, categoria III Associazioni ed opere parrocchiali, classe 3, Confraternita del SS. Sacramento, busta 11, fasc. 1, 1760 – O. Piotti, Il Comune di Brozzo e la sua Parrocchia, in Cronache Triumpline, vol. H, Brescia, 1913, p. 17 – AC. Sabatti, Brozzo nella storia dell’arte, Industrie grafiche bresciana, 1995, p. 46¬47

25 Archivio storico della Parrocchia di S. Michele Arcangelo di Brozzo, categoria III Associazioni ed opere parrocchiali, classe 3, Confraternita della Dottrina Cristiana, busta 12, 1760¬1997.

La Dottrina Cristiana rientra nella cura delle anime del parroco per questo motivo la congregazione relativa non ha lo stesso valore pastorale delle altre scuole, che sono facoltative. È una congregazione di laici voluta dai vescovi (il vescovo Domenico Bollani e S. Carlo Borromeo vi si dedicano assiduamente con i loro documenti) in aiuto al parroco, che ne e priore.

Il concilio di Trento prescrive che “Il vescovo ammonisca diligentemente il popolo che ognuno è tenuto a recarsi nella propria parrocchia, se può farlo facilmente, per ascoltare la parola di Dio. […]. Gli stessi vescovi avranno anche cura che almeno nei giorni di domenica e negli altri festivi in ogni parrocchia i bambini siano diligentemente istruiti da chi ne ha il dovere, nei rudimenti della fede e in ciò che riguarda l’obbedienza a Dio e ai genitori. Se sarà necessario li costringeranno anche con le censure ecclesiastiche”(Sessio XXIV, De reformatione, can. IV).

La Congregazione è governata da un consiglio, con rispettive cariche annuali. Le cariche vengono chiamate “i dodici” eletti o operai (a somiglianza dei 12 apostoli; di fatto il numero può essere superiore o minore, a secondo delle dimensioni della parrocchia). La scuola, o “institutione cristiana”, è così organizzata: il priore (il parroco), il sottopriore (priora o superiora nella congregazione femminile), l’avvisatore (avverte il priore e il sottopriore delle necessità della confraternita), il cancelliere (tiene i registri e la cassa), i conservatori (attiravano nuova gente alla scuola e vigilavano sull’unione e la pace tra i membri), gli infermieri (visitano gli ammalati e raccolgono le elemosine per i defunti). I ricordatori (sollecitano i fedeli ad andare alla dottrina), i portinai (introducono i fanciulli in chiesa), gli addetti all’acqua santa (insegnano ai fanciulli ciò che dovevano fare dopo l’ingresso in chiesa), gli addetti alla preghiera (controllano il modo di pregare dei partecipanti), i sopramaestri (i sacerdoti, che distribuiscono le classi ai maestri, e assegnano i luoghi della dottrina), i relatori, i pescatori (raggruppano i ragazzi lungo la strada per condurli al catechismo), i silenzieri (tengono il silenzio), gli elemosinieri (raccolgono le offerte).

26 0. Piotti, Il Comune di Brozzo e la sua Parrocchia, in Cronache Triumpline, vol. II, Brescia, 1913, p. 13.

27 O. Piotti, Il Comune di Brozzo e la sua Parrocchia, in Cronache Triumpline, vol. II, Brescia, 1913, p. 21 – C. Sabatti, Brozzo nella storia dell`arte, Industrie grafiche bresciane, 1995, pp. 84-85.

28 Archivio storico della Parrocchia di S. Michele Arcangelo di Brozzo, categoria IV C Parrocchiale – Chiese, classe 1, Opere eseguite e riparazioni, busta 16, fase. 16, 1913.

29 Archivio storico della Parrocchia di S. Michele Arcangelo di Brozzo, categoria II Associazioni e opere parrocchiali, classe 7, Congregazione delle Figlie di Maria Immacolata, busta ll, fasc. 1, 1884.

30 Archivio storico della Parrocchia di S. Michele Arcangelo di Brozzo, categoria II Associazioni e opere parrocchiali, classe 9, Società Operaia Cattolica di Mutuo Soccorso, busta 1 1, reg. 1, 1885-1887.

31 Archivio storico della Parrocchia di S. Michele Arcangelo di Brozzo, categoria ll Associazioni e opere parrocchiali, classe 8, Aggregazione delle Madri cristiane, busta 11, fasc. 1, 1908.

32 C. Sabatti, Brozzo nella storia dell’arte, industrie grafiche bresciana, 1995, p. 116.

33 Archivio storico della Parrocchia di S. Michele Arcangelo di Brozzo, categoria II Associazioni e opere parrocchiali, classe 10, Oratorio, busta 11, fasc. 1, 1962-1967.

34 Archivio storico della Parrocchia di S. Michele Arcangelo di Brozzo, categoria II Associazioni e opere parrocchiali, classe 12, Oratorio, busta 11, fasc. 1, 1963-1968.

Bibliografia

–  P. Guerrini, Brixia Sacra, anno II.

– P. Guerrini, Per la storia dell’organizzazione ecclesiastica della diocesi di Brescia nel Medio evo. in Brixia Sacro, a. XVI, Pavia, 1925.

– O. Piotti, Brozzo e la sua Parrocchia, Tipolitografia F.lli Geroldi, Brescia, 19I3.

– O. Piotti, Il Comune di Brozzo e la Parrocchia, in Cronache Triumpline, vol. ll, Brescia, 1913.

– O. Piotti, Le chiese consacrate di Val Trompia, in Brixia Sacra, anno VI, Brescia l9¦5.

– C. Sabatti, Brozzo nella storia dell’arte, Industrie Grafiche Bresciane 1995.

– Per la parte relativa alle Confraternite, Associazioni – Opere parrocchiali e Beneficio Parrocchiale sono stati utilizzati appunti personali gentilmente concessi da don Mario Trebeschi.